The Pink Cloud (2021): in principio fu il lockdown

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locandina film

The Pink Cloud

Titolo originale: A Nuvem Rosa

Anno: 2021

Paese: Brasile

Genere: Fantascienza

Casa di Produzione: Prana film

Distribuzione: 02 Play

Durata: 105 minuti

Regia: Iuli Gerbase

Fotografia: Bruno Polidoro

Montaggio: Vicente Moreno

Musiche: Caio Amon

Attori: Renata de Lélis, Edoardo Mendonca, Girley Paes

Trailer di The Pink Cloud

Presentato allo  Science-Fiction Festival di Trieste 2021-sezione Asteroide Competition, il film The Pink Cloud della regista brasiliana Iuli Gerbase, è uno science film thriller che racconta la storia di un lockdown. A distanza quasi due anni dal primo lockdown planetario, realmente accaduto nel 2020, il film (scritto nel 2017) incide sulla memoria emotiva dello spettatore, che si identifica nella vicenda e si rivede nelle situazioni che vengono narrate. L’“attualità” della pandemia/causa del lockdown, diviene, però, sempre più ”fantascientifica” di qualsiasi tentativo ”immaginifico” autoriale. Anche a posteriori, l’attualità rischia di essere un “film” che non termina alla fine della pellicola, ma che si ripete a oltranza.

Trama di The Pink Cloud

Quando una nube tossica rosa si impadronisce misteriosamente della città, Giovana (una intensa Renata de Lélis) e Yago (bravo Eduardo Mendonca) – due sconosciuti che si sono incontrati a una festa e tra cui è scoccata una scintilla -sono costretti a cercare riparo ritrovandosi isolati dal resto del mondo. All’inizio cercano di reinventarsi come coppia mentre passano anni, durante un forzato e inevitabile lockdown.

Recensione di The Pink Cloud

Analisi del genere

Lo sci-fi (science-fiction) genere d’esordio per tutta la storia del cinema (si pensi a George Melies con Viaggio nella luna 1902) si è consacrato al grande pubblico prima con la straordinaria trilogia di Matrix (1999 2003) poi con Avatar (2009-2010). Il connubio tra scienza – tecnologia – fantascienza e uso avveniristico della digitalizzazione, dà vita a storie di forte impatto emozionale e cariche di suspense. Narrazioni apocalittiche di realtà immaginarie perturbanti, trame originali o ispirate alla letteratura di fantascienza. Alcuni sci-fi hanno contengono elementi del genere horror-trash, con grande spargimento di sangue e morti atroci, o metafisico, dove fenomeni “sovrannaturali”, decidono le sorti dell’umanità, incapace di ribellarsi. Talvolta è invece l’essere umano a sostituirsi a Dio, quando esperimenti scientifici “estremi”, sfuggono al controllo di scienziati senza scrupoli. Si pensi in questo caso al bellissimo Minority Report (2002). Insomma società disumanizzate da entità malvagie o aliene, spingono i personaggi/eroi, a combattere, quasi senza scampo, contro fenomeni inspiegabili.

L’incognita. Vivere o esporsi alla nube?

Chi non ha mai sognato a occhi aperti guardando una nuvola rosa in cielo? Nel caso di The Pink Cloud, fin dalle prime sequenze, lo stile è quasi poetico: uno specchio d’acqua e la figura di una donna che passeggia con un cane. D’improvviso, la nuvola rosa diviene nube rosa. Da dove arriva? Chi l’ha generata? A questa domanda non vi sarà una risposta.  La donna dopo pochi istanti, cade in terra. Questo capovolgimento di senso nuvola gioia/nuvola angoscia, crea un immediato disorientamento che segue la morte in diretta, poi un’atmosfera rarefatta e di quiete. Da quel momento tutto l’esterno resterà   immobile. La vita precedente, non esisterà più. Chi si espone   alla nube, dopo dieci secondi muore. Questo postulato molto semplice ma efficacissimo, rende perfettamente l’idea di qualcosa d’inesorabile. Non vi sono alternative, vivere reclusi o rischiare la morte. La durata della vicenda è la durata del lockdown: la regista è bravissima a rappresentare il tempo dell’“interno” come tempo “interiore” dei personaggi. Si nasce, si cresce, si invecchia, si muore, pur restando nella gabbia/rifugio del lockdown. Nel film le pause son ben dosate. Reclusi in un isolamento forzato, i due protagonisti, Giovana e Yago, dopo aver “inscenato “un periodo di matrimonio e avuto un figlio, cercano  di configurare per loro stessi altre  identità: quasi esilaranti le scene in cui fingono di “incontrarsi” in una strada  o in una discoteca, in un parco, cambiando i loro nomi, interpretano ruoli nei ruoli (tra le scene di vita quotidiana, bellissima la sequenza  di lei che pattina nell’appartamento). Eppure il punto di rottura c’è, perché l’incognita tra il non-vivere e la morte, resta e angosciante soprattutto Giovana che non si è mai rassegnata del tutto, mentre Yago  è in pieno “lockdown-cognitivo”. Ci saranno momenti di pura disperazione, per la giovane, dopo una falsa speranza di vedere sparire la nube rosa. Yago, no. Per lui la nuvola rosa è la vita vera.

L’ottima regista Iuli Gerbase utilizza l’espediente della reclusione per dar vita a un dramma intimista, pur nella tragedia assurda di un’esistenza annichilita. La fotografia   degli interni, molto bella con i suoi   chiaroscuri, contrasta con quella fredda e irreale degli esterni, di un cielo “finto”, quasi pubblicitario, dove passa, beffarda, la nuvola rosa, per ribadire il suo potere assoluto sull’umanità. Finale a sorpresa, aperto, bello quanto l’inizio.

Note di regia

La regista ha dichiarato di aver scritto la sceneggiatura del film nel 2017. ”Quello che volevo fare era esplorare i differenti archi emozionali di due personaggi costretti a vivere a lungo in un surreale lockdown […] Ritengo che il film sia un’occasione per rielaborare le turbolenze emotive che abbiamo subito nell’ ultimo anno. Tuttavia, tenendo a mente che è stato scritto molto prima che ci sia cominciato a parlare di virus e lockdown il film si presta a una marea di possibili metafore e interpretazioni“. Chi può darle torto?

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