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The Post
Titolo originale: The Post
Anno: 2017
Paese: Stati Uniti d’America
Genere: Drammatico
Produzione: Amblin Entertainment, DreamWorks, Pascal Pictures
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 118 min
Regia: Steven Spielberg
Sceneggiatura: Josh Singer, Liz Hannah
Fotografia: Janusz Kaminski
Montaggio: Michael Kahn
Musiche: John Williams
Attori: Tom Hanks, Meryl Streep, Sarah Paulson, Bob Odenkirk, Tracy Letts, Bradley Whitford, Bruce Greenwood, Matthew Rhys, Alison Brie, Carrie Coon, David Cross, Jesse Plemons, Michael Stuhlbarg, Zach Woods
Trama di The Post
Siamo nel 1971 in piena guerra del Vietnam, negli Usa scoppia lo scandalo dei Pentagon Papers con il quale vengono diffusi documenti segretati che coinvolgono tre amministrazioni sulla gestione dell’intervento militare in Vietnam.
Nella diffusione dei documenti è direttamente coinvolto il Washington Post che sta vivendo un periodo di crisi in seguito alla morte di Bill Graham marito di Kay Graham (Meryl Streep) che ne rileva la gestione non senza polemiche e malumori degli azionisti.
Meryl Streep in The Post Steven Spielberg e Tom Hanks sul set di The post
Recensione di The Post
Quanto hanno mentito? Quei tempi devono finire!
The Post
The Post è un film biografico del 2018 diretto da Steven Spielberg e sceneggiato da Liz Hannah e Josh Singer. Tale lungometraggio è stato candidato a due premi Oscar (miglior film e miglior fotografia).
The Post è un ottimo film d’inchiesta che in verità non aggiunge nulla alla storia narrata – tratta da eventi reali – ma è raccontato in maniera eccellente e con parecchi riferimenti riguardanti la nostra stessa attualità. Il tutto è mostrato con un cast di primissimo ordine: Meryl Streep, Tom Hanks, Sarah Paulson, Bob Odenkirk, Tracy Letts
“Posso farti una domanda ipotetica?” “Non mi piacciono le domande ipotetiche” “Allora non ti piacerà neanche quella vera.
The Post
La storia è incentrata sulla decisione se pubblicare o no i fascicoli, da un lato c’è la minaccia del governo di portare a processo chiunque pubblichi i documenti trafugati, dall’altro c’è il dovere etico della stampa a informare.
La vicenda si svolge su più livelli: il piano nazionale nel quale vengono rappresentate le vicende che fanno parte della storia americana con il trafugamento dei fascicoli (nel film sono stati utilizzati i documenti autentici) e tutte le azioni che ne conseguiranno fino al processo intentato dalla Casa Bianca per cercare di fermarne la diffusione di questi tramite il mezzo stampa.
Un altro aspetto rappresentato nel film è la situazione all’interno del Washington Post, un giornale con grosse difficoltà economiche e amministrative, che si trova ad affrontare la scelta se pubblicare o no le informazioni ricevute rischiando la sopravvivenza stessa del giornale.
Infine c’è un piano più intimo legato alla figura di Kay Graham e della sua difficoltà di donna a gestire una situazione pesante in un mondo prettamente maschilista.
Il film è evidentemente influenzato dalle cronache recenti riguardo all’amministrazione Trump in Usa e al suo attacco alle “fake news” e, infatti, il messaggio che emerge, non senza la tipica retorica americana, è che la stampa sia una risorsa del paese, ed è stata fondamentale per smascherare complotti e scandali ed è l’arma e la garanzia per la sopravvivenza stessa della democrazia e della libertà stessa dei cittadini americani.
Viene spontaneo notare un parallelismo tra la presidenza Nixon dell’epoca e l’attuale presidenza Trump, parallelismo accentuato dal simbolismo numerico dato dall’inversione delle ultime due cifre dell’anno in cui si svolge la storia (1971) e l’anno di uscita del film (2017). Proprio per questo Spielberg ha fatto di tutto per accelerare i tempi di produzione e far sì che la pellicola fosse pronta entro la fine dell’anno appena trascorso.
Altro tema, trattato nel film, riguarda il rapporto tra la stampa e la politica e di come quest’ultima sfrutti la propria posizione di potere per limitarne l’autonomia proprio attraverso i rapporti personali dei suoi più alti esponenti. A questo proposito è indicativa la scena in cui la protagonista, in un conflitto di coscienza, deve mettere da parte l’amicizia con il segretario della difesa McNamara coinvolto nello scandalo e procedere con la divulgazione dei documenti.
nteressante è la rappresentazione del ruolo della donna: da una parte vediamo Kay che, suo malgrado, viene catapultata alla guida del giornale in seguito alla morte del marito e assume un ruolo decisionale molto forte, dall’altra la figura della casalinga americana impersonificata dalla moglie del direttore Ben Bradlee (Hanks) il cui ruolo è confinato tra le mura domestiche e la cui principale preoccupazione è sapere quanti ospiti arriveranno. In questo il regista, secondo me, cavalca anche l’ondata di sdegno seguito allo scandalo Weinstein e rappresentato dal movimento MeToo e ci propone un personaggio femminile forte (Kay Graham) per nulla subordinato al mondo predominante maschile.
Li preoccupa che ci sia una donna a capo del giornale. Che non possa avere fermezza.
The Post
Il montaggio è incalzante e tiene incollato lo spettatore per tutta la durata del film, l’interpretazione della Streep e di Hanks, per la prima volta insieme sullo schermo, è eccellente come al solito e ha meritato, anche questa volta, la candidatura all’Oscar per questo ruolo.
Curiosità tecnica, il film è realizzato in formato 1:85:1 che il regista non ha mai più usato dopo “La guerra dei mondi” (2005) e per la prima volta ha scelto di utilizzare la pellicola Super 35 mm.
The Post richiama alla memoria chiaramente, soprattutto per gli argomenti trattati, al capolavoro che è “Tutti gli uomini del presidente” di Alan J. Pakula che tratta del successivo, in ordine di tempo, scandalo Watergate.
All’inizio del film in un breve frame viene inquadrata una locandina del film “Butch Cassidy and the Sundance Kid” il quale oltre all’attore Robert Redford vede la partecipazione dello sceneggiatore William Goldman, entrambi faranno parte di “Tutti gli uomini del presidente”. Inoltre il film si chiude con la scena del poliziotto che scopre il furto del Watergate la quale riproduce quasi esattamente la scena di apertura del film di Pakula con Robert Redford. Per questi riferimenti “The Post” può quindi essere considerato il prequel di “Tutti gli uomini del presidente”.
Concludendo è un film molto ben fatto e ben recitato che non aggiunge nulla sul piano della storia o delle rivelazioni, ma che analizza la vicenda da un preciso punto di vista attualizzandolo e mettendo in guardia circa i pericoli di un’informazione imbavagliata.
Altro grande pregio è d’introdurre lo spettatore nel meccanismo della “creazione” della notizia: dall’acquisizione delle informazioni alla loro elaborazione per finire con il processo di stampa vero e proprio con le rotative in azione.
Curiosità, nelle scene in cui si vede Nixon di spalle nella camera ovale parlare al telefono la voce è quella autentica del presidente ripresa dalle registrazioni della Casa Bianca.
Note positive
- Regia incalzante e ritmo avvincente
Note negative
- In alcuni punti scade nella retorica