
I contenuti dell'articolo:
Ti mangio il cuore
Titolo originale: Ti mangio il cuore
Anno: 2022
Paese: Italia
Genere: drammatico
Produzione: Indigo Film, Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 115 min
Regia: Pippo Mezzapesa
Sceneggiatura: Antonella W. Gaeta, Pippo Mezzapesa
Fotografia: Michele D’Attanasio
Montaggio: Vincenzo Soprano
Musiche: Teho Teardo, Elodie
Attori: Elodie, Francesco Patanè, Francesco Di Leva, Lidia Vitale, Tommaso Ragno, Michele Placido
Pubblicata nel 2019 Ti mangio il cuore è stata la prima grande indagine sulla cosiddetta “quarta mafia”, quella nata e operante nella zona del Gargano e della
provincia di Foggia, meno conosciuta e chiacchierata in Italia. Il film di Pippo Mezzapesa è liberamente ispirato a questo libro. La pellicola omonima esce al cinema il 22 settembre 2022.
Trama di Ti mangio il cuore
Puglia. Arso dal sole e dall’odio, il promontorio del Gargano è conteso da criminali che sembrano venire da un tempo remoto governato dalla legge del più forte. Una terra arcaica da far west, in cui il sangue si lava col sangue. A riaccendere un’antica faida tra due famiglie rivali è un amore proibito: quello tra Andrea, riluttante erede dei Malatesta, e Marilena, bellissima moglie del boss dei Camporeale. Una passione fatale che riporta i clan in guerra. Ma Marilena, esiliata dai Camporeale e prigioniera dei Malatesta, contesa e oltraggiata, si opporrà con forza di madre a un destino già scritto.

Recensione di Ti mangio il cuore
Presentato nella sezione Orizzonti durante l’ultima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, Ti mangio il cuore nasce dal nobile intento del regista, il pugliese Pippo Mezzapesa, di divulgare la violenza e l’orrore che dominano nei territori governati dalla cosiddetta “Quarta mafia”, attiva nel Gargano e nella provincia di Foggia.
Da tempo in Italia non esistono più soltanto la mafia siciliana, la camorra e la ’ndrangheta. C’è una quarta mafia, che ha fatto del silenzio la sua forza. Pur essendo la più potente e la più feroce. Nelle terre che si estendono dal Gargano a San Severo, da Manfredonia fino a Cerignola, comandano le famiglie della Società foggiana e i Montanari del Promontorio. I loro tentacoli sono ormai estesi in un enorme giro d’affari internazionale. La loro violenza è arcaica e bestiale. I loro uomini firmano gli omicidi sparando al volto, perché deturpare le sembianze significa cancellare anche la memoria. […] Dagli anni Settanta a oggi gli omicidi sono stati più di quattrocento, l’80 per cento dei quali è rimasto irrisolto.
01 Distribution
Tratto dall’importante libro-inchiesta di Carlo Bonini e Giuliano Foschini, Ti mangio il cuore, per far entrare lo spettatore nel brutale mondo della mafia foggiana, usa come espediente l’irresistibile passione che scoppia tra il giovane Andrea Malatesta e Marilena Campoleone, moglie del boss della famiglia rivale a quella del ragazzo. L’amore tra i due, sbagliato e viscerale, è la miccia che accende tra le due famiglie uno spietato vortice di vendetta, sangue e violenza.

l primo dei numerosi problemi di Ti mangio il cuore è che della storia d’amore evocata dal titolo si vede ben poco: dopo qualche estemporanea scena di corteggiamento e un paio di interazioni sessuali, infatti, la love story tra Andrea e Marilena, talmente totalizzante da scatenare un massacro, finisce al margine della narrazione, che si configura come la più classica delle cronache da piccolo schermo italiano di vendetta familiare-criminale. Il mondo mafioso è riprodotto con tutti quegli stilemi gomorriani che da anni sembrano essere l’unico modo di raccontare il Sud Italia: alla prevedibilità fictionesca, però, si aggiunge una velleità artistica da parte del regista che risulta sconcertante. L’estetica glamour, rincorsa tramite movimenti di macchina tanto virtuosi quanto inutili e una fotografia in bianco e nero sovraesposta all’inverosimile, finisce infatti per far somigliare il film nel migliore dei casi a un videoclip sponsorizzato da Dolce&Gabbana, nel peggiore a un seguito della pubblicità dell’Ichnusa.
Ispirata alla figura reale di Rosa Di Fiore, prima pentita della mafia del Gargano, Marilena risulta purtroppo una figura del tutto evanescente, al punto da rendere difficile valutare la chiacchierata recitazione dell’esordiente Elodie. Bravi invece Lidia Vitale e Francesco Patanè, unico protagonista del film, che riesce a rendere piuttosto credibile la repentina e mal giustificata trasformazione del suo personaggio da dolce innamorato a psicopatico sanguinario.
In conclusione…
L’unico momento notevole della pellicola è una scena in cui un massacro si consuma sulle note di Dragostea Tin Dei: in 115 minuti di pretesa sperimentazione, almeno tre sono riusciti decentemente.

Note positive
- Volontà di sperimentare da parte di un regista giovane
- Recitazione di parte del cast
Note negative
- Tutto il resto