Atlas (2024). Tra Mecha e Evangelion

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Trailer di Atlas

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Netflix e la cantante Jennifer Lopez, una vera e propria star mondiale per un’intera generazione di spettatori, dal 2022 hanno iniziato una stretta collaborazione filmica e distributiva. Questa collaborazione è iniziata quando il servizio streaming di Reed Hastings ha rilasciato nel suo catalogo il documentario “Jennifer Lopez: Halftime” diretto da Amanda Micheli, incentrato sulla vita privata e sulla carriera della Lopez. Il successo di pubblico ottenuto dal documentario ha portato Netflix a distribuire nel 2023 l’action movie “The Mother” diretto da Niki Caro, in cui la Lopez interpreta un agente militare statunitense che fa di tutto per salvare e proteggere la propria figlia. Il successo di pubblico, più che di critica, di questo lungometraggio ha spinto Netflix a produrre, insieme ad ASAP Entertainment, la pellicola fantascientifica d’azione “Atlas” (2024), in cui Jennifer Lopez veste i panni dell’analista di dati Atlas Shepherd, che deve lottare contro l’Intelligenza Artificiale per salvare l’umanità. Alla regia del lungometraggio troviamo il cineasta Brad Peyton (“Viaggio nell’isola misteriosa”, 2012; “Incarnate – Non potrai nasconderti”, 2016; “Rampage – Furia animale”, 2018), che si cimenta nuovamente con una storia di fantascienza.

Brad Peyton

Sono cresciuto amando la fantascienza e il fantasy. Da bambino non ho avuto la televisione per molto tempo e mia madre aveva una biblioteca piena di libri di fantascienza, fantasy e horror. Ero un bambino molto introverso, quindi leggevo tutti quei libri ed è così che mi sono innamorato di questi generi. E ho sempre voluto fare film di fantascienza perché è la maggior parte di quelli che guardo. Sono un nerd del cinema. Guardo un film quasi ogni giorno. Non posso farne a meno. Probabilmente guarderei più film al giorno, se potessi, e sono sempre alla ricerca di un’esperienza che mi faccia riflettere e che mi porti in un posto dove non posso andare nella mia vita quotidiana: questo è uno dei motivi per cui ho realizzato Atlas. Una donna in una tuta mech intrappolata su un pianeta alieno che cerca di salvarsi e di fermare i terroristi dell’IA? Mi ha subito incuriosito.

Le riprese di “Atlas”, che si sono tenute a Los Angeles e in Nuova Zelanda, sono durate dal 26 agosto al 26 novembre 2022. La sceneggiatura, inizialmente scritta da Leo Sardarian, è stata successivamente modificata e riscritta da Aron Eli Coleite. La pellicola debutta su Netflix a livello globale il 24 maggio 2024.

Trama di Atlas

Ventotto anni prima, un’intelligenza artificiale, l’androide Harlan, ha preso coscienza di sé, modificando i propri codici e liberando tutti gli androidi presenti sulla Terra dal controllo umano. Harlan ha iniziato a distruggere e uccidere chiunque si opponesse al suo obiettivo: annientare la razza umana. Tuttavia, non riuscendo a completare il suo intento a causa della resistenza dell’esercito umano, Harlan e gli androidi a lui fedeli si sono visti costretti a fuggire dal pianeta, promettendo di tornare per seminare morte e distruzione.

Dopo questi eventi, l’umanità ha dovuto evolversi tecnologicamente per prepararsi al nuovo attacco, che sembra imminente quando l’esercito cattura un androide alleato di Harlan, Casca Decius (Abraham Popoola), fuggito anni prima insieme ai suoi simili. La cattura di Casca Decius e l’intervento della brillante analista di dati con un passato oscuro, Atlas Shepherd (Jennifer Lopez), svelano l’ubicazione segreta di Harlan, che vive da ventotto anni su un pianeta inospitale per la razza umana.

Il colonnello Elias Banks viene messo a capo della spedizione che ha come obiettivo la cattura di Harlan situato sul pianete GR-39. Il comandante per effettuare questa missione intende usare una nuova tecnologia avanzata, ovvero la ICN, innovativi mecha AI ad uso militare, macchine intelligenti con cui ogni soldato si deve connettere a livello neuronale per poterle utilizzare al massimo della loro potenza, creando una connessione uomo – macchina. Atlas non si fida miminamente dell’AI ma decide ugualmente di collaborare con Elisa Banks, poiché conosce quell’androide meglio di chiunque altro, essendo stato creato da sua madre, una rinomata scienziata. L’obie

La spedizione si rivela però più complessa del previsto. Gli androidi distruggono l’astronave umana e uccidono tutti i passeggeri a bordo; l’unica a salvarsi è Atlas, che si trova costretta a utilizzare un mecha per sopravvivere e muoversi su quel pianeta ostile. Per avere una speranza di sopravvivenza e per distruggere Harlan, Atlas dovrà fidarsi completamente di quell’intelligenza artificiale e connettersi a essa, diventando una cosa sola. Ma Atlas, che odia l’AI, riuscirà a fidarsi di Smith, come l’AI dice di chiamarsi?

Atlas. Jennifer Lopez as Atlas. Cr. Ana CarballosaNetflix ©2023
Atlas. Jennifer Lopez as Atlas. Cr. Ana CarballosaNetflix ©2023

Recensione di Atlas

Nel guardare questo film, ho avvertito come se mi trovassi nel mezzo di un sequel, un secondo capitolo di una storia più ampia incentrata sulla ribellione delle macchine contro i loro creatori umani. Il film si apre con un lungo spiegone di due minuti, che ci fornisce in modo rapido e conciso le informazioni fondamentali sul passato accaduto ventotto anni prima. Questo approccio ha i suoi vantaggi nel fornire rapidamente al pubblico le informazioni necessarie per entrare nel mondo del film e comprendere la trama, ma al contempo risulta un po’ sbrigativo dal punto di vista sceneggiativo. Invece di farci immergere gradualmente nel mondo del film attraverso sequenze narrative e dialoghi tra i personaggi, gli sceneggiatori hanno optato per un lungo spiegone didascalico, che semplifica notevolmente il lavoro di sceneggiatura, ma che rischia di risultare poco coinvolgente per lo spettatore. Vedere un inizio del genere mi ha portato a fare una riflessione: perché gli sceneggiatori non hanno considerato l’opzione di realizzare una saga filmica più ampia? Perché non raccontare tutti quegli eventi narrativi presentati all’inizio del film in un unico lungometraggio? Questo avrebbe potuto essere un approccio interessante e avrebbe potuto aiutare il film di Brad Peyton a sviluppare meglio i personaggi, che, pur presentando delle caratteristiche interessanti, non vengono approfonditi adeguatamente. In particolare, il rapporto tra Atlas e Harlan avrebbe dovuto essere emotivamente intenso e coinvolgente, dato il loro legame familiare, ma risulta superficiale e poco interessante. Harlan, il villain del film, appare poco sviluppato e manca di quella complessità che caratterizza i cattivi memorabili. Nonostante comprendiamo i suoi obiettivi e i suoi pensieri sulla razza umana, resta un personaggio piatto che non suscita né paura né interesse.

Una storia senza emozione

Ultimamente è difficile trovare, soprattutto su Netflix, pellicole realizzate male a livello tecnico, sia registico che degli effetti speciali e della creazione del concept visivo. Tuttavia, spesso e volentieri ciò che manca alle vicende, soprattutto nel genere azione fantascientifica, è un’impronta emotiva. È necessaria la capacità dello sceneggiatore, del regista e dell’attore di emozionare lo spettatore, di smuovere i nostri sentimenti interiori a favore di un’empatia che il pubblico deve instaurare con il protagonista del film, in questo caso la dottoressa Atlas Shepherd, una donna con un tragico passato che soffre di misantropia e di sfiducia verso gli altri. Proprio sul tema della fiducia si muove l’intero impianto narrativo che intende condurre la nostra eroina Atlas da una condizione di iniziale sfiducia verso gli altri e soprattutto verso l’intelligenza artificiale, a una condizione di enorme fiducia verso l’altro, che sia uomo o macchina, permettendole così di uscire da quella corazzata interiore che si è costruita abilmente nel corso degli anni e che nessuno è in grado di penetrare. La storia, dunque, è una sorta di pellicola di formazione tesa a ribaltare la situazione interiore del proprio protagonista che dovrà affrontare una missione per salvare l’umanità e allo stesso tempo una sfida interiore contro sé stessa, trovandosi costretta ad abbandonare le proprie corazze interiori e ad accettare le proprie emozioni. Da una storia così orientata ci si dovrebbe aspettare un forte impatto emotivo che, però, non prende piega, neppure in quei momenti in cui si fortifica e cresce una sorta di connessione empatica tra il mecha, di nome Smith, e la dottoressa Shepherd. La metà del film è proprio orientata a raccontarci il rapporto tra Smith e Atlas, la loro conoscenza e la formazione del loro legame di amicizia, ma in tutto ciò qualcosa manca, qualcosa non convince pienamente e l’emozione non arriva appieno. Alla fine dei conti, l’interpretazione di Jennifer Lopez è di indubbia qualità, trasformandosi fisicamente e caratterialmente nella Shepherd. Anche l’interpretazione vocale di Gregory James Cohan, voce di Smith, non è affatto male, ma per qualche motivo, forse a causa di una sceneggiatura didascalica, l’empatia tra noi e quel personaggio principale femminile non prende forma.

I Mecha e i riferimenti a Evangelion

“Atlas” (2024) non si presenta come un’opera del tutto originale e innovativa nel genere fantascientifico, ma si rifà esplicitamente al mondo della letteratura, della cinematografia e dei videogiochi sci-fi. Riprende le leggi della Robotica di Isaac Asimov e gli elementi di scontro uomo-macchina approfonditi in Blade Runner, risultando infine un’opera derivativa che mescola con sapienza elementi presenti in altre pellicole, come il film The Creator. Oltre al cinema, ci sono molte similitudini provenienti dal mondo dei manga, degli anime e della cultura giapponese, soprattutto riguardo alla costruzione di queste mecha e dei loro link neurali. I Mecha qui raccontati si rifanno esplicitamente a quelli presenti nell’anime Evangelion di Hideaki Anno, in cui dei giovani ragazzi devono fidarsi e connettersi attraverso un link neurale a dei giganteschi robot da combattimento, proprio come avviene nel film “Atlas”. Per potersi connettere, i giovani adolescenti di Evangelion devono possedere un sentimento di fiducia interiore; se manca la fiducia sia in sé stessi sia nel Mecha, il robot non si attiverà. Lo stesso principio si applica in “Atlas”, dove la protagonista deve imparare ad aprirsi e a fidarsi per attivare e prendere il controllo di questo oggetto.

Il Mecha di Atlas (2024)
Il Mecha di Atlas (2024)

Il secondo atto di un film spesso rappresenta il momento cruciale in cui la trama si sviluppa e i personaggi si confrontano con le sfide più significative. Nel caso di questo film, suddiviso in maniera netta in tre atti drammaturgici, il secondo atto è il punto culminante della narrazione, poiché introduce un’intensa interazione tra l’umanità e l’intelligenza artificiale, rappresentata dalla dialogo tra Atlas e il programma IA all’interno del mecha. Questo dialogo non solo offre uno spazio per lo sviluppo dei personaggi, ma solleva anche importanti questioni filosofiche e etiche sull’integrazione tra l’uomo e la tecnologia. L’idea di un possibile futuro in cui l’umanità e l’intelligenza artificiale possano collaborare in armonia anziché confliggere è affascinante e offre spunti di riflessione profondi sul destino della nostra specie e sulla nostra relazione con la tecnologia. Mentre si muovono attraverso i diversi biomi, i due personaggi iniziano a conoscersi meglio, esplorando i loro atteggiamenti nei confronti l’uno dell’altro tra diffidenza e sarcasmo. Questo permette al pubblico di entrare più a fondo nella psicologia dei personaggi e di apprezzare la complessità delle loro interazioni, anche se questo dialogo non riesce pienamente a inteccare la nostra emotività.

I buchi di trama

La sceneggiatura rappresenta probabilmente l’enorme pecca della pellicola, in cui anche le cose più semplici sfuggono al duo di sceneggiatori che hanno lavorato sullo script del film. Da un lato, abbiamo delle caratterizzazioni dei personaggi, ad eccezione della protagonista, molto sbiadite, che non permettono allo spettatore di creare empatia con nessun personaggio secondario, come il Colonnello Elias Banks, e neppure con l’androide Harlan, trasformando la vicenda in un racconto quasi narcisistico e divinistico intessuto sulla paersona di Jennifer Lopez, mattatrice del film, quasi attrice solista dell’intero corpo drammatico. Se

Se nel primo e secondo atto la storia narrativamente funzionava, ecco che nel terzo atto emergono evidenti buchi narrativi, dove la verosimiglianza comincia a venir meno. Il robot Smith, che guida Atlas, subisce una trasformazione e una mutazione estremamente rapida, mentre la batteria, che dovrebbe terminare da un momento all’altro, per tutto il film non sembra esaurirsi mai. Inoltre, nonostante Elias Banks sia in condizioni critiche e senza ossigeno, e non riesca neppure più a respirare, trova comunque il tempo per crearsi una sorta di mitra gigante e sparare distruggendo molti androidi, i quali, nonostante dichiarino costantemente “Non posso morire, sono indistruttibile”, appaiono tutt’altro che indistruttibili. Insomma, nell’ultima parte del film si potevano evitare alcune scelte narrative che tolgono molta forza alla pellicola.

In conclusione

“Atlas” offre una visione futuristica e ambiziosa, ma non riesce del tutto a raggiungere le aspettative. Nonostante una trama che si articola su temi intriganti come la fiducia e la collaborazione tra uomo e macchina, la realizzazione pecca per una sceneggiatura che non riesce a rendere pienamente coinvolgente la storia e i suoi personaggi. Sebbene ci siano elementi narrativi promettenti, come il rapporto tra Atlas e Smith, il film soffre di evidenti buchi narrativi e di scelte narrative poco convincenti, soprattutto nella sua fase finale. Nonostante gli sforzi del cast, guidato da un’interpretazione solida di Jennifer Lopez, e gli elementi visivi che richiamano influenze dalla letteratura, dalla cinematografia e dai videogiochi sci-fi, “Atlas” non riesce a emergere come un’opera originale e innovativa nel genere.

Note positive:

  • Approccio originale alla tematica della fiducia e dell’integrazione tra uomo e macchina, offrendo spunti di riflessione su questioni etiche e sociali.
  • Elementi visivi e concettuali ben curati, che si rifanno a influenze provenienti dalla letteratura, cinematografia e cultura giapponese, aggiungendo profondità al mondo narrativo.
  • Interpretazione di Jennifer Lopez di buon livello, trasformandosi fisicamente e caratterialmente nel ruolo della dottoressa Atlas Shepherd.

Note negative:

  • Sceneggiatura che presenta evidenti buchi narrativi nel terzo atto, compromettendo la verosimiglianza della storia e alcuni sviluppi dei personaggi.
  • Caratterizzazione poco approfondita dei personaggi secondari, che non riescono a suscitare empatia nello spettatore.
  • Manca un forte impatto emotivo nonostante il tema centrale della fiducia e della crescita personale dei protagonisti.
  • Alcuni elementi della trama, come la trasformazione repentina del robot Smith o l’incredibile resistenza degli androidi, risultano poco plausibili e influenzano negativamente la coerenza del racconto.
  • Nonostante l’originalità di alcuni elementi, il film risulta derivativo e poco innovativo nel panorama della fantascienza, attingendo a tropi già visti in opere precedenti.
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

Articoli: 889

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