Com’è umano Lui! (2024). Il biopic Rai su Paolo Villaggio

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com'è umano lui locandina

Com’è umano Lui!

Titolo originale: Com’è umano Lui!

Anno: 2024

Nazione: Italia

Genere: Biografico

Casa di produzione: Rai Fiction, Ocean Productions

Distribuzione italiana: Rai1

Durata: 100 minuti

Regia: Luca Manfredi

Sceneggiatura: Luca Manfredi, Dido Castelli

Fotografia: Fabio Olmi

Montaggio: Luciana Pandolfelli

Musiche: Paolo Vivaldi

Attori: Enzo Paci, Camilla Semino Favro, Andrea Filippi, Andrea Benfante, Augusto Zucchi, Emanuela Grimalda, Vincenzo Zampa, Valentina Ruggeri

Trailer di Com’è umano Lui!

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Il 30 maggio 2024 viene trasmesso in prima visione e in prima serata su Rai Uno il biopic televisivo “Com’è umano Lui!”, incentrato sull’attore, scrittore e sceneggiatore genovese Paolo Villaggio, nato a Genova il 30 dicembre 1932 e morto a Roma il 3 luglio 2017. Prodotto da Rai Fiction e Ocean Productions, con il contributo del PR FESR della Liguria e con la collaborazione della Genova Liguria Film Commission e del Comune di Genova, alla regia del film troviamo Luca Manfredi. Manfredi è già autore di alcuni biopic per la Rai, come il film TV “In arte Nino” (2017), “Permette? Alberto Sordi” (2020) e il documentario “Uno, nessuno, cento Nino”.

Per il ruolo di Paolo Villaggio, Manfredi sceglie l’attore teatrale genovese Enzo Paci, classe 1973, noto per le sue interpretazioni in pellicole come “Loro chi?” (2015), “Io sono Mia” (2019) e “Tramite amicizia” (2023). Per il ruolo di Maura Albites è stata scelta l’attrice di Torre del Greco Camilla Semino Favro, classe 1986, che ha recitato in “Mia madre” (2014), “L’ultima notte di Amore” (2023) e nella serie “Sopravvissuti” (2022).

Trama di Com’è umano Lui!

Genova, seconda metà degli anni ‘50. Paolo Villaggio e la sua piccola banda di amici della borghesia genovese, composta da un giovanissimo Fabrizio De André e dal “Polio”, professore di greco in sedia a rotelle, compiono goliardiche scorribande notturne. Di giorno, mentre il Polio lavora come docente, Paolo e Fabrizio dormono e, nel tempo libero, compongono canzoni come “Il Fannullone” e “Carlo Martello”. Un giorno, però, le cose cambiano: Paolo, studente di legge fuori corso, mette incinta la sua fidanzata Maura e viene costretto dai genitori a sposarla. Suo padre Ettore, stimato ingegnere della Genova “bene”, stanco dell’inconcludenza del figlio, lo mette di fronte alle sue responsabilità di futuro genitore e gli trova un impiego alla Cosider. Paolo ci resta per circa sette anni, sopportando questo lavoro solo grazie alle sue estemporanee esibizioni alla radio e nel teatrino della compagnia goliardica Baistrocchi, dove propone un umorismo caustico con i primi embrioni dei suoi futuri personaggi. È proprio in un teatrino genovese che lo scopre Maurizio Costanzo, venuto a vedere Jannacci, che però è malato. Paolo, spinto sul palco dall’impresario Ivo Chiesa, sostituisce Jannacci all’ultimo momento. Costanzo, entusiasta dell’umorismo aggressivo del “professor Otto von Kranz”, un maldestro prestigiatore tedesco interpretato da Paolo e ispirato a sua madre, gli propone un contratto nel suo teatro romano di cabaret, il 7×8. Maura, conoscendo la sofferenza di Paolo, refrattario al lavoro da impiegato, lo convince a lasciare il certo per l’incerto e a licenziarsi dall’azienda per tentare il successo artistico. Da lì in poi, è un’escalation di successi, che vanno dal teatrino di Costanzo a un nuovo modo di fare televisione con “Quelli della Domenica” nel 1968, dove Paolo interpreta ancora l’aggressivo “professor Kranz” e una prima versione dell’impiegato “Fantozzi”. Nel 1969, con la nuova trasmissione Rai “È domenica, ma senza impegno”, Paolo inventa un nuovo personaggio, il succube impiegato “Giandomenico Fracchia”, nei divertenti sketch con l’attore Gianni Agus, nei panni del “Megadirettore”. Il successo televisivo di Villaggio è enorme. Ormai la sua popolarità è alle stelle, permettendogli di scrivere anche due libri sul “ragionier Ugo Fantozzi”, parodia tragicomica dell’impiegato che gli regalerà un enorme successo nelle sale cinematografiche nel 1975, consegnando la sua “maschera” alla storia del cinema italiano.

Enzo in Paci in Com’è umano Lui!
Enzo in Paci in Com’è umano Lui!

Recensione di Com’è umano Lui! 

Luca Manfredi, in “Com’è umano Lui!”, non è interessato a raccontarci il Paolo Villaggio che tutti noi conosciamo attraverso il suo lavoro attoriale e i suoi grandi successi televisivi e cinematografici, dall’impiegato Fracchia al ragionier Ugo Fantozzi. Manfredi è invece affascinato dall’indagare ciò che gli spettatori non sanno, costruendo una drammaturgia che risponda a questa domanda: chi è Paolo Villaggio, non l’artista ma l’uomo? Per rispondere a questo quesito, il regista e sceneggiatore romano realizza una drammaturgia incentrata sull’indagare la sfera privata dell’attore genovese, raccontandocelo in un determinato momento storico della sua vita: i momenti precedenti alla sua fama.

“Com’è umano Lui!” si riferisce alla giovinezza di Villaggio da studente universitario nella Genova degli anni ‘50, dove trascorre le sue giornate bighellonando con gli amici Polio e De André, vivendo il suo primo e unico amore, Maura Albites, fino alla sua affermazione come attore e alla nascita del personaggio che lo ha reso iconico nella cultura popolare italiana, grazie al primo lungometraggio della fortunata saga Fantozzi del 1975. In questo film non troverete dunque tutta la vita di Paolo Villaggio, ma solo un breve segmento della sua vita e della sua carriera, ovvero le sue origini e i suoi albori come artista.

I figli di Paolo Villaggio, Elisabetta e Pietro, hanno collaborato alla stesura della sceneggiatura della pellicola, un dettaglio non di poco conto che ci porta a ritenere che il racconto drammaturgico sia piuttosto fedele alla realtà storica riguardante la vita del giovane artista genovese. La vita di Villaggio sembra essere realmente una tragicommedia alla Fantozzi, per certi versi, una tragicommedia che permette al pubblico di affezionarsi a questo giovane Paolo Villaggio che, per raggiungere i suoi sogni, dovrà faticare non poco. La scrittura, per donarci il ritratto dell’uomo e non dell’attore, attraverso il genere della commedia, sfrutta tre livelli narrativi tra loro interconnessi: il rapporto tra Villaggio e Maura Albites, il rapporto tra Villaggio e i suoi genitori borghesi e il rapporto di Villaggio con il suo luogo di lavoro da impiegato, la Cosider. Questi sono i tre principali punti cardine su cui si concentra Luca Manfredi per raccontarci il padre della macchietta Fantozzi.

Il rapporto tra l’artista genovese e Maura Albites è indubbiamente l’elemento narrativo di maggior riuscita della pellicola. La sceneggiatura riesce a creare una storia d’amore interessante che, seppur scritta didascalicamente, riesce a toccare i cuori degli spettatori, appassionandoli a questo sentimento che si forgia nei cuori dei due personaggi. Questo è anche merito dell’eccellente prova attoriale di Camilla Semino Favro, capace di infondere solarità e dolcezza al suo personaggio, dando a Paolo Villaggio quella sicurezza che gli manca.

Il rapporto di coppia, nonostante il personaggio di Paolo Villaggio abbia maggiori momenti di introspezione nel corso della pellicola, evidenzia l’importanza di Maura Albites nella vita e nella carriera di Villaggio. Paolo, che si crede erroneamente un fallito, un fannullone, e una persona sbagliata, riesce a superare la sua sfiducia proprio grazie alla sua compagna di vita, che crede in lui e vede ciò che lui stesso non riesce a vedere in sé. Sarà Maura Albites a donare al mondo l’arte di Paolo.

La storia d’amore si intreccia tematicamente con la linea narrativa incentrata sul rapporto familiare. I genitori borghesi di Villaggio pretendono che il figlio intraprenda una carriera da avvocato e abbandoni il suo atteggiamento popolano e da fannullone. Criticano il proprio figlio, più interessato a far ridere gli altri piuttosto che a studiare seriamente. Paolo è costretto dai genitori prima a studiare giurisprudenza all’università, un ambiente che non gli appartiene, e poi ad accettare un lavoro come impiegato alla Cosider, un lavoro che suo padre (ragioniere) gli trova grazie alla sua influenza nella società. Entro questa dinamica di rapporto, Villaggio è costantemente schiacciato dai suoi genitori, umiliato e maltrattato da loro, che vogliono per lui un futuro incongruente e incompatibile con la sua vera natura. Solo l’intervento dell’anticonvenzionale Maura, uno spirito libero, permetterà a Villaggio di seguire la propria strada e i propri sogni, nonostante le mille difficoltà. La storia di Paolo Villaggio, così come ci viene narrata, si muove su questa tematica: credere sempre nei propri sogni. Un messaggio che il regista sembra voler comunicare a gran voce per tutto il film.

Il terzo arco narrativo riguarda la creazione del mondo di Paolo Villaggio, un mondo fatto di macchiette che si rifanno alla sua vita privata. La pellicola, infatti, ci parla della nascita dei personaggi più importanti di Villaggio, a partire dal Professor Otto von Kranz, la sua prima macchietta e il personaggio che gli ha aperto le porte del mondo teatrale e della Rai. Questo cabaret comico sporco, con al centro il Professor Otto von Kranz, fa dell’offesa e della dura verità il suo punto di forza, creando una comicità sconosciuta in Italia e che rivoluzionerà il modo di far ridere a teatro e poi in televisione, cambiando le carte in tavola del concepire la comicità nel mondo dello spettacolo. Come spiega il film, il Professor Otto von Kranz si ispira espressamente alla madre di Villaggio, Maria, un’insegnante di tedesco di origini teutoniche, molto severa con il figlio Paolo. Inoltre, la pellicola ci racconta il mondo del lavoro visto dagli occhi di Villaggio, un uomo che non riesce a sopportare la vita da impiegato, che per lui è una vera e propria prigione. Attraverso la narrazione della Cosider, la sceneggiatura ci presenta svariati individui, colleghi di lavoro di Villaggio per sette lunghi anni, che diverranno linfa vitale per Paolo nella costruzione prima di Fracchia e, soprattutto, dell’universo su cui si muove la saga di Fantozzi. Questi personaggi si ispirano espressamente a “Fantocci”, il datore di lavoro di Villaggio e ai suoi collegghi della Cosider. Senza questa esperienza lavorativa, l’attore e scrittore genovese non sarebbe diventato ciò che è diventato. Senza aver lavorato come impiegato alla Cosider, non avrebbe dato vita a quella lettura sociologica che ha saputo ben rappresentare nelle tragicommedie della vita di Fantozzi.

A livello prettamente tecnico, la pellicola televisiva non si discosta dalle classiche produzioni Rai, con una fotografia standard fatta di scene luminose e una sceneggiatura che sfrutta un linguaggio didascalico per essere il più comprensibile possibile per il pubblico generalista. Tuttavia, è importante evidenziare alcune scelte registiche, dove si nota un attento gioco tra figurazioni speciali e attori. Molte scene iniziano con due figurazioni speciali che si avviano da un punto A a un punto B, e con la macchina da presa, che effettua una panoramica, segue queste figurazioni speciali fino a quando ci conducono ai personaggi centrali del racconto, sui quali ci soffermiamo mentre lasciamo andare via le comparse.

A livello prettamente attoriale, ho alcune perplessità, non sulla bravura di Enzo Paci, ma piuttosto sulla sua età anagrafica. Enzo Paci assomiglia molto al Paolo Villaggio quarantenne, ma nelle scene in cui lo vediamo giovane, fa un po’ storcere il naso, avendo un aspetto fisico lontano da quello di un ragazzo di vent’anni. Questo è particolarmente evidente nella scena dell’università, dove si denota che sia più anziano degli altri ragazzi. Forse, nonostante la bravura di Enzo Paci, si poteva optare per un attore più giovane che poi si sarebbe potuto invecchiare nel corso della pellicola. La stessa pecca si può riscontrare nell’attrice che interpreta Maura, anche se questa dicotomia tra età reale ed età di finzione si nota meno.

Oltre a questo errore, dove si è preferito scegliere un attore capace e bravo piuttosto che uno che corrispondesse all’effettiva età dei personaggi, il film è il classico prodotto Rai e funziona bene per ciò a cui è stato pensato.

Enzo Paci e Camilla Semino Favro in com'è umano Lui!
Enzo Paci e Camilla Semino Favro in com’è umano Lui!

Scopri anche: Com’è umano lui! (2024). La conferenza stampa del film Rai Fiction

In conclusione

“Com’è umano Lui!” si rivela un biopic interessante e ben realizzato che, nonostante alcune scelte discutibili a livello attoriale e una sceneggiatura talvolta troppo esplicativa, riesce a offrire un ritratto autentico e commovente di Paolo Villaggio. La pellicola non si limita a raccontare la vita dell’attore genovese, ma si sofferma su tematiche universali come la ricerca della propria identità, l’importanza di credere nei propri sogni e la forza delle relazioni interpersonali. Questi elementi, uniti alla collaborazione dei figli di Villaggio e alla convincente interpretazione di Camilla Semino Favro, rendono il film un’opera degna di nota, capace di coinvolgere ed emozionare il pubblico.

Note positive:

  • Approccio innovativo: Luca Manfredi riesce a offrire un ritratto inedito di Paolo Villaggio, concentrandosi sulla sfera privata e meno nota dell’attore, anziché sui suoi noti personaggi televisivi e cinematografici.
  • Collaborazione familiare: Il contributo di Elisabetta e Pietro Villaggio alla sceneggiatura garantisce una rappresentazione autentica e fedele della vita del giovane Paolo Villaggio, aggiungendo valore alla narrazione.
  • Racconto emotivo: La storia d’amore tra Paolo e Maura Albites è ben sviluppata, coinvolgente e capace di toccare il cuore degli spettatori. Camilla Semino Favro offre una performance eccellente, infondendo solarità e dolcezza al suo personaggio.
  • Tematica ispiratrice: Il film trasmette un messaggio forte e chiaro sull’importanza di credere nei propri sogni e perseguirli nonostante le difficoltà, rendendo la pellicola non solo un biopic ma anche una fonte di ispirazione.
  • Uso dei livelli narrativi: La sceneggiatura utilizza efficacemente tre livelli narrativi interconnessi – il rapporto con Maura, quello con i genitori e l’esperienza lavorativa alla Cosider – per offrire una visione completa della formazione di Villaggio come artista e uomo.

Note negative:

  • Sceneggiatura didascalica: Nonostante la storia d’amore ben narrata, alcuni aspetti della sceneggiatura risultano troppo didascalici, con un linguaggio forse eccessivamente semplificato per raggiungere il pubblico generalista.
  • Scelte attoriali: La scelta di Enzo Paci, sebbene bravo, risulta incongruente con l’età del giovane Villaggio. La sua apparenza più matura rispetto agli altri studenti dell’università può creare una dissonanza visiva. Lo stesso problema, seppur meno evidente, si riscontra con l’attrice che interpreta Maura.
  • Produzione tecnica standard: La fotografia e la regia seguono il modello classico delle produzioni Rai, senza particolari innovazioni o scelte stilistiche audaci. Questo approccio, pur efficace per il pubblico televisivo, limita la pellicola sul piano visivo e creativo.
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

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