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En attendant la nuit
Titolo originale: En attendant la nuit
Anno: 2023
Genere: Drammatico
Casa di produzione: ElianeAntoinette, Reboot Films, Altitude 100 Production
Distribuzione internazionale: Playtime
Durata: 104’
Regia: Céline Rouzet
Sceneggiatura: Céline Rouzet, William Martin
Fotografia: Maxence Lemonnier
Montaggio: Léa Masson
Musiche: Jean-Benoît Dunckel
Costumi: Clément Vachelard
Scenografia: Chloé Cambournac
Attori: Mathias Legoût-Hammond, Elodie Bouchez, Jean-Charles Clichet, Céleste Brunnquell, Laly Mercier
Trailer di En attendant la nuit
Informazioni sul film e dove vederlo
Il film franco-belga è stato presentato alla 80^ Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti. È il secondo lungometraggio della regista francofona, il primo di fiction. Debutto assoluto del protagonista, il giovane Mathias Legoût-Hammond. Prossimamente nei cinema italiani, distribuito da Playtime.
Céline Rouzet
Questa storia è direttamente ispirata dalla mia famiglia e alla mia adolescenza. Il genere era l’unico modo per raccontarla. […] Si concentra sulla marginalità e sul conformismo, sui sacrifici familiari, sugli scoppi di rabbia e sui desideri selvaggi. ma mette anche in evidenza la ferocia che giace sotto la superficie della normale vita occidentale. Prendiamo un sobborgo soleggiato, bello e tranquillo della Francia. […] Si aggiungono i nuovi vicini. Il figlio è strano, inquietantemente bello e timido. È malaticcio e pallido. Mescolate il tutto con il furto, la menzogna e il morso e vedete cosa succede.
Trama di En attendant la nuit
La famiglia Feral, avvezza a cambiare spesso residenza, finisce in un centro residenziale fra le montagne francesi. Padre, madre e due figli che hanno tanta voglia di apparire normali, finanche anonimi. Tutto per celare il segreto del figlio maggiore Philémon, il quale necessita di trasfusioni di sangue umano per sopravvivere, oltre che di stare lontano dalla luce diretta del sole. Ma è un segreto difficile da mantenere: il confronto fra il ragazzo e gli altri coetanei, il sentirsi rifiutato e l’invaghimento per la figlia dei vicini lo porteranno ad affrontare una non semplice adolescenza. Inoltre, scoprirà casualmente che il sangue può anche essere bevuto. Ciò lo spingerà alla ricerca di espedienti per averne fresco, fino all’inevitabile tragico epilogo.

Recensione di En attendant la nuit
La regista Céline Rouzet decide di debuttare nel lungometraggio di finzione ispirandosi a fatti che l’hanno vista coinvolta direttamente. Questo aspetto viene sottolineato anche nell’incipit: ispirato a fatti realmente accaduti. Un messaggio che fuorvia i più, portandoli a pensare di assistere a una docufiction più che a un lungometraggio fantasy. Rouzet usa l’espediente del film vampiresco per la rappresentazione di un disagio giovanile. Una insofferenza che può riguardare diversi aspetti, da quello fisico – ad esempio, essere diafani – a quello psicologico – come soffrire di depressione. Nulla di più attuale, al giorno d’oggi, con i ragazzi che sono sempre più refrattari verso un mondo che corre troppo veloce e che, spesso, non comprendono.
Se il tema d’attualità può essere interessante, meno efficace è invece il dover attingere alla storia vampiresca. Ci sono moltissimi film e serie tv che hanno unito il coming of age adolescenziale e giovanile alla figura del succhiasangue, utile anche per una raffigurazione di sublimazione sessuale. Per cui, non è sicuramente la storia che attira l’attenzione, se non per la curiosità di capire di cosa soffre il protagonista. Strategicamente, Philémon viene presentato come infante che viene a contatto con il sangue materno mentre la genitrice lo allatta, dopodiché si ha un gap temporale di diciassette anni, con l’adolescente che si ritrova a fare delle trasfusioni. Troppo poco perché lo spettatore rimanga incuriosito.

Neanche la storia d’amore è funzionale a tale scopo, da sempre presente in quei drammi dove bene e male devono coesistere. La complicità della famiglia di Philémon – finanche la sorellina minore conosce la situazione del fratello e lo protegge – risulta altrettanto inadeguata. Quello che attrae lo sguardo dello spettatore è decisamente la figura di Mathias Legoût-Hammond, giovane e magnetico attore al suo debutto cinematografico.
Céline Rouzet
È un giovane magnetico dalla bellezza androgina, che mi commuove e mi spaventa allo stesso tempo. C’è una veridicità nella sua recitazione che mi stupisce, un’interiorità che lo rende misterioso, […] nessuno ha descritto Philémon così bene come Mathias, che ha visto nel personaggio un’attrazione travagliata per l’amore e la morte.
La sua espressione fra il trasognato e il disperato piuttosto che il suo dolore quando viene deriso al cinema: tutte sensazioni che arrivano così bene allo spettatore che è impossibile non empatizzare con lui. Anche i suoi momenti eccessivi di rabbia diventano perdonabili rispetto alle emozioni che riesce a trasmetterti.
Legoût-Hammond è l’apice di un cast riuscito nel suo insieme: dalla famiglia Feral, come la giovanissima Laly Mercier la quale alleggerisce i momenti di estrema tensione con la sua infantile ironia. Non sono da meno Jean-Charles Clichet e Élodie Bouchez, interpreti dei genitori, che riescono a formare una credibile barriera di protezione verso Philémon, nonostante le evidenti contraddizioni. Céleste Brunnquell invece è l’infatuazione del protagonista: giustamente sfacciata, aggressiva quanto basta, ben dosata in tutte le sue sfaccettature. Una giovane ragazza che cerca una via di fuga in quel giovane così fuori dal comune: «Mordimi dolcemente» è una richiesta d’aiuto, un modo per potersi allontanare dalla routine della sua vita. Anche l’antagonista di Philémon, interpretato da Louis Peres, riesce a ritagliarsi il suo giusto spazio, nonostante le scene modeste.

Se il cast è perfettamente funzionale al racconto orrorifico imbastito dall’autrice, meno funzionale è la sceneggiatura che la regista ha scritto con il neofita William Martin. La scrittura è pregna di continui richiami al periodo: il tamagotchi, le videocassette noleggiate e anche i programmi tv – peccato che sia la versione belga che quella francese di Chi vuol essere milionario? siano successive al 1997. Se anche i costumi e le scenografie risultano scarni, non sono invece anonime le musiche e la fotografia. Jean-Benoît Dunckel ha miscelato una colonna musicale che passa da quella di genere a brani pop del passato, dando dei preziosi momenti di stacco al dramma familiare. La nuit n’es finit plus di Petula Clark è una bella e indovinata riproposta. Inoltre, il lavoro di Maxence Lemonnier arriva a ben marcare le variazioni cromatiche e di luminosità, utili per rendere ancora più evidente il contrasto fra il bene e colui che rappresenta il male.
Céline Rouzet
In breve, questo film è la storia di un giovane affetto da vampirismo, che sogna di diventare un uomo, ma che viene spinto dalla società a diventare un vampiro.
In conclusione
En attendant la nuit è un lavoro riuscito che porta lo spettatore più nel dramma che nell’orrore della situazione. Ciò rende la pellicola non originale come genere: a Venezia 80 erano presenti anche El conde e Le Vourdalak a tema horror vampiresco. Allo stesso tempo, in questo modo l’impatto del film è più immediato. Il problema di fondo è che il messaggio originale dell’autrice non venga colto, fagocitato dalla storia d’amore e dolore, nonostante il finale sia un prezioso contributo perché ciò avvenga.
Note positive
- Protagonista magnetico
- Cast ben scelto
- Musiche e fotografia efficaci
Note negative
- Sceneggiatura prevedibile e non originale