La notte arriva sempre (2025). Vanessa Kirby e il volto dell’America ferita

Recensione, trama e cast del film La notte arriva sempre (2025). Vanessa Kirby in una corsa contro il tempo tra precarietà, memoria e resistenza.

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Night Always Comes. Vanessa Kirby as Lynette in Night Always Comes. Cr. Allyson Riggs/Netflix © 2025
Night Always Comes. Vanessa Kirby as Lynette in Night Always Comes. Cr. Allyson Riggs/Netflix © 2025

Trailer di “La notte arriva sempre”

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Liberamente basato sul romanzo omonimo The Night Always Comes di Willy Vlautin (2021), La notte arriva sempre è un lungometraggio drammatico diretto dal cineasta americano Benjamin Caron, vincitore di un Emmy Primetime nel 2021 per la serie The Crown e noto per aver diretto svariati episodi della serie Star Wars: Andor (2022), oltre al lungometraggio Sharper (2023) per Apple TV+. Alla sceneggiatura troviamo Sarah Conradt, già autrice dei film Mothers’ Instinct (2024) e Here After – L’aldilà (2024).

Nel cast spicca la nota attrice londinese Vanessa Kirby (Pieces of a Woman, 2021; Questione di tempo, 2013; Mission: Impossible – Fallout, 2018; Eden, 2024), che ricopre anche il ruolo di produttrice del film. Accanto a lei troviamo l’attore e rapper americano Zachary Robin Gottsagen, affetto dalla sindrome di Down e noto per la sua partecipazione al film The Peanut Butter Falcon, e Jennifer Jason Leigh, vincitrice del Golden Globe e della Coppa Volpi per la sua interpretazione in America oggi (1993), premiata nuovamente con un Golden Globe come miglior attrice protagonista in Mrs. Parker e il circolo vizioso, e candidata nel 2016 ai Premi Oscar per la sua performance in The Hateful Eight.

Il film, prodotto da Aluna Entertainment e girato a Portland, Oregon, dal 14 maggio al 2 luglio 2024, è stato distribuito su Netflix a partire dal 15 agosto 2025, raggiungendo immediatamente la prima posizione sulla piattaforma di streaming in Italia. A livello globale, si è piazzato al secondo posto nella top 10 dei film più visionati dal 11 al 17 agosto 2025, dietro soltanto a K-Pop Demon Hunters, con ben 11.300.000 visualizzazioni.

Trama di “La notte arriva sempre”

A Portland, Oregon, in un’America sempre più povera, dove un numero crescente di persone si ritrova a vivere per strada, Lynette (Vanessa Kirby) è una giovane donna dal passato tormentato che si trova a un bivio cruciale: riscattare la propria abitazione, in cui vive con la madre e il fratello maggiore Kenny (Zack Gottsagen), affetto da sindrome di Down, pagando 25.000 dollari e richiedendo un prestito alla banca, oppure perdere la casa di famiglia e ritrovarsi per strada, con il rischio concreto che Kenny venga preso dallo Stato e inserito in un istituto.

Lynette ha i soldi necessari e intende pagare la somma, ma tutto cambia quando sua madre, improvvisamente e senza preavviso, decide di non presentarsi all’incontro per la firma della casa e per effettuare il pagamento. Anzi, la donna spende l’intera somma acquistando una macchina nuova. Questo gesto manda Lynette nel caos: ora ha solo poche ore di tempo per recuperare quei 25.000 dollari e consegnarli al creditore entro le 9 del mattino.Per proteggere suo fratello, Lynette tenta disperatamente di trovare il denaro, iniziando col chiedere aiuto a Scott, un uomo che la paga per prestazioni sessuali, ma senza successo. Da quel momento ha inizio una notte frenetica: Lynette ruba la macchina dell’uomo e si reca da Gloria, un’amica escort legata a un senatore, a cui sottrae una cassaforte. Ben presto la situazione degenera. La vita di Lynette è sempre più in pericolo, e la donna è costretta a spingersi sempre più in basso, sporcandosi le mani pur di cercare di mantenere la sua squallida e malmessa abitazione.

Recensione di “La notte arriva sempre”

La notte arriva sempre non è un film eccezionale, né tanto meno iconico o indimenticabile nel panorama cinematografico. Tuttavia, nonostante le sue pecche e una struttura drammaturgica che non brilla per originalità, il film possiede qualità evidenti, dimostrandosi — senza ombra di dubbio — una solida pellicola televisiva.

Nel panorama cinematografico e seriale, ogni anno vengono distribuiti moltissimi titoli, molti dei quali soffrono di gravi problemi di scrittura: sceneggiature incapaci di condurre i personaggi dalla situazione A (quella iniziale) alla situazione B o C (quella finale), con buchi di trama evidenti e dialoghi poco naturali. Questo tipo di problematica, in La notte arriva sempre, non si presenta. La sceneggiatrice Sarah Conradt, indubbiamente supportata dal romanzo di partenza, dimostra di saper costruire e sviluppare la storia in modo sensato, evitando incoerenze narrative e nonsense, e creando un susseguirsi di azioni coerenti, ben rappresentative della personalità dei personaggi e del mondo malavitoso in cui si muovono. Pur senza spingere troppo su riflessioni sociali, il film riesce a raccontare con efficacia la condizione della classe medio-bassa americana, mettendo in scena — soprattutto attraverso il personaggio di Cody — una sorta di lotta tra poveri, che si consuma in un contesto di precarietà e sopravvivenza.

Degni di nota sono anche i dialoghi, di buona qualità e capaci di arricchire la personalità dei personaggi attraverso scambi di battute interessanti. Va però evidenziato come, in alcuni momenti, siano presenti passaggi didascalici, con dialoghi che appaiono più come riempitivi buonisti — come alcune interazioni tra la protagonista e il fratello — che non come elementi realmente necessari alla narrazione.

La sceneggiatura di La notte arriva sempre, come già accennato, si muove con una certa solidità strutturale e riesce a delineare i personaggi con discreta efficacia, ma manca quel guizzo che avrebbe potuto renderla davvero memorabile. Il racconto procede in modo lineare, quasi prevedibile, e pur toccando temi forti — come la precarietà economica, il trauma, la disuguaglianza sociale — non osa mai davvero affondare il colpo. Il passato di Lynette, ad esempio, viene evocato con brevi accenni, lasciando intuire abusi e ferite profonde, ma non viene mai esplorato con la profondità necessaria per trasformare il suo viaggio in un vero arco di trasformazione intenso, seppur presente. Questo rende il personaggio potente ma incompleto, come se mancasse una parte essenziale del suo vissuto per comprenderne appieno le motivazioni.

Il lungometraggio, nonostante una trama quasi da sapore d’azione, non possiede al suo interno scene effettivamente action, ma ciò non è un vero problema, la pecca invece risiede nella tensione narrativa talvolta assente. Le scelte di Lynette, pur essendo drammatiche, non generano mai un vero senso di pericolo o di rottura. Tutto sembra contenuto, trattenuto, come se la sceneggiatura avesse paura di sporcarsi davvero le mani. E questo si riflette anche nella costruzione tematica: il film avrebbe potuto essere un affondo nel cuore oscuro dell’America post-industriale, un ritratto spietato della marginalità urbana, ma sceglie invece una via più rassicurante, quasi conciliatoria.

Il tono buonista che emerge nel finale — dove tutti i personaggi, anche quelli più ambigui o problematici, trovano una forma di redenzione — indebolisce ulteriormente la forza del racconto. La madre, figura fredda e distante, riceve una redenzione che appare immeritata, quasi imposta dalla necessità di chiudere il cerchio narrativo in modo pacificato. E Lynette stessa, pur avendo attraversato una notte di dolore e resistenza, non sembra davvero cambiata: il suo passato resta un’ombra, non una ferita aperta da affrontare.

Alla fine dei conti la sceneggiatura di Conradt è godibile, ben struttura e ben scritta ma manca di coraggio. Avrebbe potuto essere un pugno nello stomaco, e invece si accontenta di essere una carezza ruvida. Il film funziona, ma non graffia. E in una storia che parla di sopravvivenza, di lotta, di ingiustizia, forse era proprio il graffio ciò che serviva.

Una buona regia

Accanto a una scrittura funzionale, La notte arriva sempre presenta un comparto tecnico solido, con una fotografia pregevole — seppur non eccelsa — che non si distingue particolarmente nel panorama contemporaneo, ma che riesce comunque a sostenere visivamente il racconto. La regia, invece, si rivela ottima, capace di muoversi con agilità e precisione lungo l’arco narrativo, raccontando con forza e coerenza il mondo notturno in cui la nostra anti-eroina è immersa.

Il cineasta, attraverso una regia attenta e mai invadente, riesce a trasporre sullo schermo il caos interiore che abita Lynette, adattandosi con intelligenza ai diversi momenti della pellicola: da una regia più dinamica nelle scene dal sapore thriller quasi action (pur senza inseguimenti veri e propri), a una regia più statica e contemplativa nei momenti più intimi — come la scena finale, carica di tensione emotiva.

La capacità del regista emerge anche nella direzione degli attori, che offrono prove convincenti e intense. Jennifer Jason Leigh e Stephan James, pur in ruoli secondari, riescono a donare profondità e autenticità ai loro personaggi, contribuendo alla riuscita complessiva del film. A brillare su tutti, però, è la straordinaria performance di Vanessa Kirby, che conferma il suo talento soprattutto nei ruoli drammatici. In questo film, Kirby si trasforma anima e corpo in Lynette, diventando l’epicentro emotivo della narrazione e portando sulle sue spalle il peso dell’intera pellicola. La macchina da presa la segue costantemente, spesso con inquadrature ravvicinate, capaci di cogliere ogni sfumatura del suo volto, ogni vibrazione emotiva. Non è un’esagerazione affermare che, senza Vanessa Kirby, il film avrebbe perso gran parte della sua forza espressiva.

La performance di Vanessa è elettrizzante. Porta in Lynette un’energia selvaggia e imprevedibile che rende il personaggio pericoloso, vibrante. Non c’è filtro, non c’è rete di sicurezza. La sua Lynette prende decisioni in tempo reale, nel mezzo del caos, e ogni istante è percepito intensamente. La capacità di Vanessa di oscillare tra fragilità e ferocia è ciò che dà stabilità emotiva al film — ogni sfumatura emotiva arriva con forza piena. La sua interpretazione è instabile, intensa, bellissima.

Dichiarazione di Benjamin Caron

Lynette e l’America

In La notte arriva sempre, Lynette non è soltanto la protagonista: è il volto umano di un’America ferita, stratificata, in cui il sogno di una vita dignitosa si scontra con la brutalità delle disuguaglianze. La sua storia personale — una giovane donna che lotta disperatamente per salvare la casa di famiglia in un quartiere destinato alla gentrificazione — diventa il microcosmo di una nazione che ha smesso di proteggere i suoi cittadini più vulnerabili. Lynette si muove in un paesaggio urbano che cambia troppo in fretta, dove il cemento nuovo cancella le radici, e dove chi non ha voce viene spinto ai margini. La sua determinazione, alimentata da un passato di abusi e da un presente precario, è il simbolo di una resistenza silenziosa contro un sistema che premia il capitale e punisce la fragilità.

Il film, attraverso il suo sguardo, mette a nudo le contraddizioni dell’America contemporanea: un Paese che si proclama terra di opportunità, ma che spesso tradisce chi non ha le risorse per competere. La casa che Lynette cerca di salvare non è solo un edificio: è memoria, identità, rifugio. Eppure, in un contesto dominato dalla speculazione immobiliare e dall’indifferenza istituzionale, anche quel diritto basilare — avere un tetto sopra la testa — diventa una battaglia estenuante. Il rapporto con il fratello Kenny, affetto da sindrome di Down, aggiunge una dimensione emotiva profonda: in lui Lynette trova non solo un motivo per resistere, ma anche una purezza che contrasta con la durezza del mondo esterno.

Attraverso la sua notte — lunga, dolorosa, ma anche rivelatrice — il film ci costringe a guardare in faccia le crepe di un sistema che ha smesso di essere equo. Lynette non è un’eroina nel senso classico: è una sopravvissuta, una combattente, una donna che non chiede compassione ma giustizia. E in questo, La notte arriva sempre diventa un’opera politica, sociale, e profondamente umana. Un grido soffocato che ci invita a riflettere su chi siamo, su chi lasciamo indietro, e su cosa significa davvero appartenere a un luogo.

“Eppure è tormentata dalla paura di non meritarla. Il suo viaggio è uno studio sulla propulsione. Ogni decisione, per quanto sconsiderata, è un tentativo di superare il suo passato e ritagliarsi un futuro” – Dichiarazione di Benjamin Caron

Il bisogno di sicurezza  di Lynette non è solo materiale — un tetto, una casa, un luogo stabile — ma esistenziale. La casa diventa il simbolo di una possibilità di radicamento, di una tregua dalla precarietà che ha sempre conosciuto. Eppure Lynette è tormentata dalla convinzione di non meritarla, come se il suo passato — fatto di abusi, errori, esclusione — le avesse tolto il diritto alla pace. Questo conflitto interiore, poco sviluppato nel film, alimenta la sua propulsione: ogni gesto, anche il più impulsivo o autodistruttivo, è una spinta verso un futuro che non sa se le sarà concesso, che desidera ardentemente ma che allo stesso tempo teme. 

Il film costruisce attorno a questa tensione un ritratto potente dell’America contemporanea, dove il concetto di merito è spesso distorto da logiche economiche e sociali. Lynette non è una vittima passiva, ma nemmeno un’eroina tradizionale: è una figura liminale, che si muove tra il bisogno di redenzione e la rabbia per un sistema che non le ha mai dato una vera possibilità. La sua notte diventa una corsa contro il tempo, ma anche contro se stessa, contro la voce interiore che le dice che non ce la farà, che non vale abbastanza.

In questo senso, La notte arriva sempre è uno studio sulla spinta vitale che nasce dal dolore. La propulsione di Lynette non è solo narrativa, ma emotiva, politica, sociale. È il motore di chi non ha più nulla da perdere, ma ancora qualcosa da proteggere. Il film ci costringe a guardare in faccia questa energia disperata, che spesso viene ignorata o criminalizzata. E ci chiede: quante Lynette ci sono, oggi, in quell’America che si rinnova a colpi di demolizioni e investimenti, ma dimentica le vite che vi si intrecciano?

Sono stata attratta da “Night Always Comes” perché è una storia molto umana che, per me, illumina un momento contemporaneo molto reale e urgente. È l’odissea di una donna attraverso il panorama economico frammentato dell’America moderna. Le particolari difficoltà che Lynette sta attraversando non sono un’esclusiva americana. Sono certamente molto evidenti qui nel Regno Unito. In definitiva, ciò che mi ha attratto del film è stata la sua esplorazione della sopravvivenza e del sacrificio e l’idea di un eroismo silenzioso. Non credo che la storia riguardi solo la lotta di Lynette per sfuggire alla trappola della povertà; riguarda anche le trappole dentro di noi, la natura ciclica dell’auto-sabotaggio, il modo in cui il trauma agisce su di noi e la possibilità di speranza e liberazione. La storia di Lynette sembrava avere una qualità universale.

Cit. di Benjamin Caron

In conclusione

La notte arriva sempre è un film che non cerca di essere memorabile, ma riesce comunque a raccontare con dignità una storia di resistenza, precarietà e desiderio di riscatto. Vanessa Kirby regge l’intera narrazione con una performance vibrante e dolorosa, mentre la regia di Benjamin Caron costruisce attorno a lei un mondo che riflette le crepe dell’America contemporanea. Non è un’opera che graffia, ma che sussurra con forza: un ritratto umano e sociale che, pur con i suoi limiti, merita attenzione.

Note positive

  • Interpretazione intensa e magnetica di Vanessa Kirby
  • Regia solida e coerente nel tono
  • Sceneggiatura ben strutturata e priva di incoerenze

Note negative

  • Tensione narrativa non sempre efficace
  • Dialoghi talvolta didascalici e buonisti
  • Arco di trasformazione della protagonista poco approfondito
  • Finale conciliatorio che indebolisce il messaggio
  • Tematiche forti trattate con prudenza

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Review Overview
Regia
Fotografia
Sceneggiatura
Colonna sonora e sonoro
Intepretazione
Emozione
SUMMARY
3.8
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.