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Looking for Venera
Titolo originale: Në kërkim të Venerës
Anno: 2021
Paese: Albania
Genere: Drammatico
Casa di produzione: Circle Production
Distribuzione: Film Republic
Durata: 111 minuti
Regia: Norika Sefa
Sceneggiatura: Norika Sefa
Fotografia: Luis Armando Arteaga
Montaggio: Stefan Stabenow, Norika Sefa
Musiche: Risto Alchinov
Attori: Rozafa Celaj, Kosovare Krasniqi, Basri Lushtaku, Erjona Kakeli
Looking for Venera (Alla ricerca di Venera) è il primo lungometraggio di genere drammatico della regista albanese Norika Sefa. Il film ha vinto il Premio speciale della Giuria a Rotterdam ed è stato presentato al Trieste Film festival 2022.
Trama di Looking for Venera
La storia ruota attorno alle vicende dell’adolescente Venera, della scoperta di sé stessa e della sua sessualità, attratta dalla mentalità ribelle dell’amica Dorina. Le due vivono in un paese del Kosovo, cui situazione odierna, per quanto concerne la condizione femminile, è ancora critica. La loro è una lotta all’emancipazione, ed una cosa è per loro dunque certa: non vogliono vivere lo stesso destino toccato alle madri.

Recensione di Looking for Venera
Una delle caratteristiche più interessanti del nostro cinema contemporaneo è la sua volontà di unire alla cura estetica la necessità, che è sempre stata motivo cardine della nascita del cinema, di documentare la realtà. Negli ultimi decenni la cinematografia mondiale ha avuto sempre più come oggetto la condizione femminile nel mondo, la lotta all’emancipazione delle donne in paesi in cui le regole della società patriarcale sono ancora forti e ben radicati. E’ esattamente quello che si tenta di fare in questo primo lungometraggio della regista Sefa, caratterizzato da una narrazione che viaggia lenta, che quasi si smembra nel ritmo dilatato del film. Che getta le basi qua e là, con sequenze che descrivono, seppur silenti, caratterizzati da dialoghi molto scarni, la condizione delle donne in un piccolo e disastrato paese del Kosovo: sono letteralmente le immagini a comunicare un messaggio estremamente potente.

La bellezza della fotografia, l’ambiguità della regia
Una fotografia molto interessante, impreziosita da una luce estremamente curata che riesce a valorizzare le ambientazioni della pellicola, dai toni grigi, blu, e verso la fine sempre più rossa e calda, nel momento della ribellione della protagonista. La regia, coerentemente con la narrazione, è statica, dal ritmo lento, ambigua e fuori dai canoni tradizionali della grammatica della visione: la regista spesso inquadra quello che sta accadendo fuori campo, o il controcampo di un attore (quindi il personaggio che sta ascoltando colui che parla); talvolta la macchina da presa si concentra su dei dettagli apparentemente irrilevanti, abusa dei primi piani rendendo le inquadrature claustrofobiche, senza respiro, in linea con lo stato d’animo della protagonista, simbolo della sua condizione familiare; Venera è perennemente accerchiata dalla sua famiglia, o dalle figure maschili presenti nella pellicola, impedita dalla folla familiare a crescere e a emanciparsi. La regia, seppur in molti momenti per questo modus operandi appena descritto risulti interessante, appare comunque molto spesso ‘snervante’, eccede nell’uso di queste inquadrature fuori campo, rischiando di perdere completamente l’attenzione dello spettatore.

La scrittura della protagonista Venera, e della sua migliore amica Dorina (che si può quasi considerare la coprotagonista) è ciò che rende il film davvero interessante: gli altri personaggi risultano essere poco più che funzioni narrative, sono loro a reggere l’animo della pellicola. Tutti gli attori, nonostante non siano dei professionisti, sono perfettamente credibili nei loro ruoli. Dorina in particolare; l’attrice è perfettamente calata nel ruolo, il suo personaggio muove la narrazione, è attiva, rivoluzionaria e ribelle per quel contesto in cui le due ragazze sono costrette a vivere, è l’esempio di Venera, colei che la accompagna nel suo viaggio di formazione e che la spingerà a ricercare la libertà. Dorina è il personaggio che rappresenta, con la sua sola presenza, il punto di svolta della protagonista.
Viene evidenziato dalle inquadrature, dalle ambientazioni e dal contesto generale, la situazione repressiva e oppressiva della protagonista e delle donne del Kosovo, sempre costrette in queste case piccole, anguste, rinchiuse in questi strettissimi primi piani e totali. Gli uomini che attraversano la narrazione, figure fluttuanti nello spazio e mai caratterizzati se non dalla loro violenza e libertà sessuale, sono sempre ripresi fuori dall’ambiente domestico, liberi per le strade del paese.
Venera cammina in un terreno fortemente ostile, che la spinge lentamente, grazie all’aiuto dell’amica Dorina, a scoprire la sua volontà di evasione, di ribellione agli schemi, in una consapevolezza finale, espressa nell’ultima sequenza del film, che appare pessimista: la via d’uscita dalla loro condizione è ancora troppo distante.

Looking for Venera è un film che rappresenta in modo verosimile e sensibile la condizione femminile del Kosovo, caratterizzato da un’estetica curata e rassicurante, in contrasto con gli eventi narrati. La scrittura della protagonista è il punto cardine e tra i più interessanti. Nonostante non sia una pellicola perfetta, è comunque ciò di cui (purtroppo) abbiamo ancora bisogno: la consapevolezza di una triste realtà.
Note positive
- Scrittura della protagonista e dell’amica Dorina
- Fotografia
Note negative
- Regia in alcuni momenti esageratamente fuori dai canoni tradizionali