Yurt (2023). Interessante coming of age turco – Venezia 80

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Yurt - Locandina

Yurt

Titolo originale: Yurt

Anno: 2023

Nazione: Turchia, Germania, Francia

Genere: Drammatico

Casa di produzione: Ciné-Sud Promotion, Red Balloon Film, TN Yapim

Distribuzione italiana: –

Durata: 116’

Regia: Nehir Tuna

Sceneggiatura: Nehir Tuna

Fotografia: Florent Herry

Montaggio: Ayris Alptekin

Musiche: Avi Medina

Costumi: Didem Ellialti

Scenografia: Vahhap Ayhan

Attori: Doğa Karakaş, Can Bartu Arslan, Ozan Çelik, Tansu Biçer, Didem Ellialti, Orhan Güner, Işıltı Su Alyanak

Trailer di Yurt

Yurt – Un estratto dal film

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Questo è il primo lungometraggio del giovane regista turco Nehir Tuna. Classe 1985, il giovane regista ha voluto affrontare un particolare momento storico della sua nazione. Yurt è l’ampliamento della storia narrata nel cortometraggio Ayakkabi, diretto dal regista turco nel 2018. La storia narrata era inerente alla punizione da dare per un furto di scarpe avvenuto in un dormitorio – episodio ripreso all’interno del lungometraggio. Il lavoro è stato presentato alla 80^ Mostra del Cinema di Venezia nella sezione Orizzonti. Prossimamente nei cinema italiani.

Nehir Tuna

In Yurt ho cercato di portare la mia esperienza personale per raccontare una storia che va oltre la lotta politica tra religiosità̀ e secolarismo, trasmettendo l’isolamento e la pressione che Ahmet deve affrontare nel tentativo di soddisfare le aspettative della sua famiglia e il suo bisogno di appartenenza.

Trama di Yurt

1996. Ahmet è un giovane ragazzo turco che si trova, suo malgrado, fuori posto: a casa, a scuola, in dormitorio. Complice è la situazione del paese in cui vive, la Turchia, in cui ci sono evidenti tensioni socio-politiche legate alla religione. Il giovane viene mandato dal padre in un dormitorio musulmano (yurt), in modo che possa essere educato secondo i precetti islamici. Non riesce ad adeguarsi a quella vita sociale e si ritrova spesso isolato. Nel contempo, studia in un istituto laico e borghese, nascondendo ai compagni la sua attuale situazione – complice il fatto che gli yurt venivano considerati luoghi di diffusione dell’estremismo islamico. Troverà conforto in un compagno di dormitorio, Hakan, decisamente più scaltro, che lo aiuterà nei momenti di difficoltà. Nascerà, così, un sentimento fra i giovani che sfocerà nel dramma.

Yurt - Una scena della pellicola
Yurt – Una scena della pellicola

Recensione di Yurt

Il regista Nehir Tuna, nella sua volontà di raccontare una storia che lo ha coinvolto personalmente, riesce a mantenere il punto non concentrandosi esclusivamente sull’aspetto religioso e sociale ma andando a presentare il momento di crescita di un giovane ragazzo in balia della ricerca di sé. Ahmet si scontra con l’intransigenza religiosa del padre, che lo porta a togliere i poster dalle pareti della camera e lo costringe a stabilirsi in un dormitorio islamico. Ma il giovane deve anche affrontare la gelosia dei compagni di classe e la prima infatuazione per una nuova compagna. A tutto ciò, si aggiunge il rapporto speciale che lo lega ad Hakan, compagno di dormitorio.

Nehir Tuna

Da bambino sono stato mandato in un dormitorio religioso per 5 anni. Ho un ricordo che non dimenticherò mai […] I miei occhi sono fissi sul soggiorno della nostra casa che dista 300 metri, in attesa che si accendano le luci. Aspetto che i miei genitori tornino a casa. Poi le luci si accendono e io li guardo. Papà si toglie la giacca e la appende allo schienale della sedia, mamma si toglie gli orecchini…. Guardano la tv, cenano… Io li guardo in diretta. Guardo con nostalgia le cose più usuali e noiose. Soprattutto con un groppo in gola.
Yurt - Un frame del film
Yurt – Un frame del film

Questa crescita personale viene rimarcata dall’autore anche con il sapiente e suggestivo uso del colore – complice una più che buona fotografia, opera di Florent Herry, che ha contribuito anche all’efficacia di alcuni effetti visivi suggestivi. La fase iniziale è in bianco e nero, ben confacente allo scontro del protagonista con una vita che lo porta lontano dagli agi e prossima a una cultura che non sente appartenergli. Una esistenza talmente lontana da sé che gli fa compiere anche gesti estremi – come gettarsi dal primo piano di casa – pur di cercare di evitare il dormitorio. Lo scontro generazionale con gli istitutori e la distanza dagli altri ragazzi, sia di dormitorio che di scuola, vengono esteticamente resi più suggestivi. Così come l’introduzione del colore affranca l’emancipazione del giovane, il quale è riuscito a trovare la sua strada grazie anche all’aiuto e all’affetto dell’amico Hakan.

Nehir Tuna

Dal punto di vista simbolico, ho pensato che il bianco e nero si adattasse alla vita in collegio: lì tutto è inequivocabile, o tutto nero o tutto bianco. O sei un devoto o un infedele, non c’è spazio per le sfumature. […] I colori appaiono solo quando Ahmet e Hakan fuggono via e sperimentano una vera sensazione di libertà. […]

Una omoaffettività che, insieme all’argomento religioso, hanno reso il progetto dell’autore più complesso. Al rifiuto delle sovvenzioni di Stato, l’autore è riuscito a finalizzare il suo progetto grazie a finanziamenti arrivati da Francia e Germania. Un sentimento che sarebbe riduttivo etichettare come amore queer, come sottolineato dallo stesso regista. La crescita di Ahmet include anche la sfera sentimentale, ma non è esclusivamente romantica. E se verso la fine vediamo un Hakan più intraprendente, il regista riesce a non usare questo aspetto come facile esca ma lo rende verosimile rispetto anche alla scoperta della sessualità dei protagonisti.

La resa di tali emozioni è stata possibile anche grazie ai due giovani attori: Doğa Karakaş nella parte di Ahmet e Can Bartu Arslan in quella di Hakan. Rispetto al film vincitore del Premio Speciale della Sezione Orizzonti a Venezia 80Una sterminata domenica – in questo caso il regista si affida a interpreti che hanno esperienze pregresse. Karakaş e Arslan sono in grado di reggere un peso non facile da sopportare senza scadere, come minimo, nello stereotipo. Entrambi hanno saputo dosare le contraddittorie emozioni dei personaggi rappresentati. Del resto, anche il resto del cast non è da meno: dal padre oppressivo di Ahmet, impersonato da Tansu Biçer, alla madre protettiva e amorevole – ma non stucchevole – di Didem Ellialti.

Yurt - Doga Karakas e Can Bartu Aslan
Yurt – Doga Karakas e Can Bartu Aslan

Le musiche di Avi Medina non risultano invadenti e le scenografie di Vahhap Ayhan rispecchiano gli ambienti e la loro claustrofobica oppressione. Anche i costumi di Didem Ellialti rimandano a una ricerca del dettaglio – eccezion fatta per i boxer elasticizzati usati da alcuni personaggi, non proprio del periodo.

In conclusione

Yurt è un film che risulta ben girato, con alcuni momenti di lentezza inevitabili ma che vengono sostenuti dalla messa in scena nel suo insieme. Tuna ha cercato di osare, sia in merito alla trama che alla modalità di ripresa, e il risultato non è banale.

Note positive

  • Buona regia, non lasciata al caso
  • Attori ben allineati ai personaggi
  • Nessun uso di un facile queer baiting

Note negative

  • A volte, un po’ lento
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