Ana y Bruno (2017): traumi e psicosi

Ana y Bruno di Carlos Carrera film d’animazione adatto ai bambini dai 9 anni. Ana è una bambina curiosa che scappa da una clinica psichiatrica in cerca di suo padre per salvare sua madre. Con l’aiuto di divertenti e strani esseri fantastici, che ha conosciuto in quel luogo, inizia un viaggio ricco di emozioni e avventure commoventi. Basato sul romanzo di Daniel Emil.
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Ana y Bruno locandina

Ana y Bruno

Titolo originale: Ana y Bruno

Anno: 2017

Nazione: Messico

Genere: animazione, fantastico, grottesco

Casa di produzione: Anima Estudios, Discreet Arts Productions, Itaca Films, Lo Coloco Films

Distribuzione italiana:

Durata: 1h 36min

Regia: Carlos Carrera

Sceneggiatura: Flavio González Mello

Musiche: Victor Hernandez Stumpfhauser

Doppiatori originali: Galia Mayer, Silverio Palacios, Marina de Tavira, Damián Alcázar, Héctor Bonilla, Daniel Carrera, Regina Orozco, Alejandro Villeli

Trailer originale di Ana y Bruno

Ana y Bruno, presentato in anteprima mondiale in Francia all’Annecy International Animation Film Festival and Market del 2017, è l’opera prima d’animazione del cineasta messicano Carlos Carrera, conosciuto per aver diretto il live-action Il crimine di Padre Amaro (2002) candidato agli Oscar 2003 come miglior film in lingua straniera, pellicola che è diventata il maggior incasso di sempre in Messico e lo è restata per oltre undici anni. Carrera però ha sempre avuto un sogno nel cassetto, quello di diventare un regista d’animazione così nel 1994 presentò al Festival di Cannes il suo corto animato El héroe (The Hero), che ottenne la Palma d’oro come miglior cortometraggio del concorso, e in seguito c’è buttato a capofitto nella realizzazione del lungometraggio, Ana y Bruno, un film che ha avuto una complessa e difficile produzione cinematografica, tanto che Guillermo del Toro e Alfonso Cuarón, due dei massimi esponenti del cinema messicano, hanno applaudito la produzione e l’impresa che Carlos Carrera ha realizzato per realizzare questa pellicola, in un paese, come il Messico, in cui l’animazione è ancora indietro e lontana da quella di Hollywood o Europea e Asiatica.

Essere un po’ socialmente imbarazzante mi ha portato a credere che dirigere film d’animazione si adatti meglio alla mia personalità rispetto al live – action. La mia intenzione era quella di creare film da solo, senza coinvolgere uno staff numeroso.

Dichiarazione di Carlos Carrera a Cartoon Brew

La pellicola, che si basa sul romanzo di Ana di Daniel Emil, è stata presentata in Italia, in anteprima nazionale, il 1 ottobre 2022 presso la rassegna, tenuta alla Casa del cinema di Roma, Muestra de Cine Mexicano Otoño 2022. Il film, però, è tutt’ora privo di una casa di distribuzione che lo trasmetta al cinema o in televisione.

Trama di Ana y Bruno

Ana è una bambina felice e spensierata, che vive in armonia con la sua famiglia. Lei e i suoi genitori sono in macchina e la giornata non potrebbe essere delle migliori per la piccola. L’auto, guidata dal padre, si ferma dinanzi a un antico palazzo ben tenuto situato difronte al mare, donando una vista spettacolare ai tre. Quel palazzo sarà la loro nuova casa, ma non per tutti e tre, difatti il padre, senza salutare la figlia, se ne va, causando una forte tristezza nella piccola, che crede di aver fatto arrabbiare suo babbo e che questo non voglia più vederle, ne lei e la madre, per causa sua. In realtà però quel luogo non è la loro nuova causa ma un centro di cura psichiatrico, in cui un uomo, attraverso la cura dell’elettroshock tenta di guarire i suoi pazienti.

Una notte, Ana, alla ricerca del suo fidato amico cane, cammina, sola soletta, per i corridoi della struttura, facendo la conoscenza di personaggi alquanto “fuori di testa”  e stravaganti, come un omino verde di nome Bruno, il quale spiega alla piccola che al terzo piano ogni paziente è accompagnato da una creatura  immaginaria e che Bruno altro non è che un trauma, in carne ed ossa, di un essere umano. Tra le allucinazioni che hanno preso vita troviamo un elefante rosa, follemente innamorato di Bruno, una toilette parlante, un robot d’orato che scandisce il tempo, una mano gigante pelosa e infine un folletto alcolizzato. Ben presto però a questo gruppo di allucinazioni se ne aggiungerà un’altra, quella della madre di Ana, che porterà nella struttura un terribile mostro di fuoco che la terrorizza. La bambina, su consiglio della madre, scapperà dalla struttura psichiatrica per rintracciare il padre, l’unico che può veramente aiutare la madre, in questo suo viaggio però non sarà da sola, con lei verranno tutti i suoi nuovi amici – mostriciattoli, e nel suo cammino farà la conoscenza di un bambino cieco con cui stringerà un profondo legame d’amicizia. Il viaggio però la porterà a scoprire delle terribili verità.

Le alluncinazioni di Ana y Bruno (2017)
Le alluncinazioni di Ana y Bruno (2017)

Recensione di Ana y Bruno

Ana y Bruno risulta il film più costoso mai realizzato dal cinema Messicano, ma ciò non comporta obbligatoriamente dei grandi risultati tecnici, soprattutto quando la produzione del film è stata alquanto complessa e frastagliata. Carrera e il suo Team, composto da quaranta animatori provenienti da vari studi messicani, ha iniziato a lavorare all’animazione nel 2010 e le tempistiche, per concludere il tutto, erano di quattro anni, ma nel 2012 ecco che sono sorti i primi problemi: le società di co-produzione, a causa di divergenze creative,  hanno deciso di ritirare i fondi e di mettere, di fatto, in un limbo il progetto.

Purtroppo, le mie idee artistiche e narrative non sono state sempre condivise dai direttori dello studio che hanno finanziato il film

Dichiarazione di Carlos Carrera a Cartoon Brew

La pellicola ha avuto un suo salvataggio nel 2014 con l’intervento finanziario messo in campo dallo studio messicano Altavista che ha ridato linfa economica alla produzione di Ana y Bruno. Dallo stop della lavorazione erano trascorsi ben due anni e il vecchio team era ormai occupato nella lavorazione di altre produzioni. A complicare ulteriormente ci si metteva la tecnica d’animazione usata realizzata fino al 2012 che usava dei software alquanto obsoleta difronte a quella disponibile del 2014, così il nuovo team ha dovuto spendere molto tempo per adattare le vecchie tela ai nuovi software disponibile per la realizzazione di film d’animazione. La produzione è terminata con successo a Marzo 2016 con un budget di ben 5,3 milioni di dollari, quattro volte il budget medio di un lungometraggio messicano (va considerato che un fil come Coco ha un budget di $ 175-225 milioni) ma il livello tecnico della CGI di Ana y Bruno è alquanto scadente e ben lontano dall’animazione europea o asiatica, tanto che in alcune scene e inquadrature sia ha la sensazione di visionare un prodotto non del tutto professionale e assolutamente non cinematografico, dove anche le prospettive non sempre sono ben calibrate e in cui il paesaggio è visibilmente ricreato in computer grafica. Va detto che con il passare dei minuti lo spettatore si adatta a questo stile visivo riuscendo a entrare dentro la storia trattata, ricca di tematiche profonde e importanti. Tanto che sarebbe interessante vedere questa medesima pellicola nelle mani di uno studio d’animazione come la Pixar o Walt Disney. A livello visivo sono interessanti l’uso dei colori dove troviamo una netta divisione tra il mondo reale e fittizio, oltre da quello racchiuso dell’ospedale psichiatrico a quello del mondo esterno. I personaggi “reali” come la madre e il padre sono inondati da un alone di tristezza e possiedono delle tinte sul grigio contrariamente a quelle dei personaggi “allucinazioni” che possiedono tinte sgargianti e caratteri estrosi e felici, come Bruno di color verde accesso o la donna elefante disegnata di rosa. Per quanto riguarda l’uso dei colori interni alla struttura medica troviamo delle tinte oscure, che richiamano i primi lavori di Tim Burton, mentre all’esterno abbiamo un richiamo ai dipinti di José María Velasco, in cui il colore del marrone e del gusto retro ne fanno da padrona.

Un film grottesco

Il film erge a protagonista le malattie mentali, non i pazienti ma le allucinazioni scaturite da loro, che ci vengono riproposte sotto forma di mostriciattoli pronti a terrorizzare il proprio paziente. Ma perché li terrorizzano?  Perché se il paziente guarirebbe completamente e dimenticasse per sempre il suo tormento interiore ecco che l’entità nata dalla sua follia scomparirebbe per sempre e cesserebbe di esistere. Loro non sono essere malvagi ma sono personaggi gradevoli e profondamente buoni, ad eccezione di uno: il mostro di fuoco, nato dalla paura della madre di Ana, il vero villan della storia, ma allo stesso tempo il personaggio meno tridimensionale e trattato all’interno della vicenda, tanto che non comprendiamo pianamente la sua origine (o meglio) la sua fonte di trauma. Il lungometraggio si muove come un road movie che ci mostra la speranza della piccola Ana di salvare sua madre dalla follia e dal medico che la sta curando (critica verso le cliniche psichiatriche non a caso la struttura richiama La Castañeda, clinica messicana). La piccola compirà un viaggio che la condurrà alla scoperta di sé facendola evolvere interiormente anche grazie alla conoscenza di un bambino cieco, che diverrà al sua guida.

La pellicola, che si avvale di un’atmosfera prettamente grottesca, acquista potenza nella modalità con cui è costruita, andando a giocare con lo spettatore, a cui la sceneggiatura va a nascondergli dei dettagli importanti per poi svelarli in seguito. Questo evento si ripeterà molteplici volte nell’arco della narrazione partendo dall’incipit, in cui il film ci dona la sensazione che quella villa sul mare sia la dimora di Ana e della madre e che il padre si allontani solo per lavoro, ma ciò non completamente falso, perché nella scena successiva scopriamo che quel luogo sul mare altro non è che una clinica psichiatrica, un luogo di follia e pazzia, gestito da un crudele uomo che usa l’elettroshock per curare i suoi pazienti, in cui la madre di Anna è stata rinchiusa (non sappiamo per quale motivo) insieme alla figlia. Questo mostrare con l’inganno e poi svelare in un secondo momento risulta l’arma in più della pellicola, donando dei colpi di scena ben congeniati, anche se uno (il più importante) appare prevedibile.

L'amicizia in Ana y Bruno (2017)
L’amicizia in Ana y Bruno (2017)

In conclusione

Una storia interessante a livello di regia, montaggio e sceneggiatura, peccato che a livello d’animazione ci siano degli evidenti limiti, tanto che sarebbe interessante se il tutto venisse rifatto con le nuove tecniche d’animazione e con un budget adeguato.

Note positive

  • Sceneggiatura
  • Il trattare una tematica come la pazzia

Note negative

  • Animazione, non all’altezza della situazione, sicuramente a causa del budget ma si poteva fare di meglio.
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Stefano Del Giudice
Stefano Del Giudice

Laureatosi alla triennale di Scienze umanistiche per la comunicazione e formatosi presso un accademia di Filmmaker a Roma, nel 2014 ha fondato la community di cinema L'occhio del cineasta per poter discutere in uno spazio fertile come il web sull'arte che ha sempre amato: la settima arte.

Articoli: 930

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