Le Vourdalak (2023). Trasposizione poco riuscita da un regista comunque interessante – Venezia 80

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Le Vourdalak - Un frame della pellicola

Le Vourdalak

Titolo originale: Le Vourdalak

Anno: 2023

Nazione: Francia

Genere: Drammatico, Horror

Casa di produzione: Les Films du Bal, Master Movies

Distribuzione internazionale: WTFilms

Durata: 91’

Regia: Adrien Beau

Sceneggiatura: Adrien Beau, Hadrien Bouvier, Aleksei Tolstoy

Fotografia: David Chizallet

Montaggio: Alan Jobart

Musiche: Maïa Xifaras, Martin Le Nouvel

Costumi: Anne Blanchard

Scenografia: Thibault Pinto

Attori: Kacey Mottet Klein, Ariane Labed, Grégoire Colin, Vassili Schneider, Claire Duburcq, Gabriel Pavie, Erwan Ribard, Adrien Beau

Informazioni sul film e dove vederlo

Il film francese è stato presentato alla Settimana Internazionale della Critica 2023, evento congiunto alla 80^ Mostra del Cinema di Venezia, risultando vincitore del Gran Premio IWONDERFULL – Menzione Speciale assegnato a Ariane Labed. È il primo lungometraggio del regista Adrien Beau, che si era già cimentato nel genere con i cortometraggi La petite sirène (2009) e Les condiments irréguliers (2011). La sceneggiatura prende spunto dal lavoro dello scrittore russo Aleksej Konstantinovič Tolstoj, autore di La famiglia del Vurdalak (1839). Prossimamente nei cinema italiani, distribuito da WTFilms.

Trama di Le Vourdalak

Il capostipite Gorcha decide, nonostante l’età, di lasciare la sua famiglia per andare a combattere i turchi, a salvaguardia del suo territorio. Prima di partire, lancia un monito alla famiglia, la quale lo ignorerà. Ciò porterà alla dannazione di ogni componente del parentado.

Cit. dal film

Attendete il mio ritorno per sei giorni. Trascorsi questi sei giorni, se non dovessi ritornare, recitate una preghiera in mia memoria, poiché vorrà dire che sono perito in battaglia… Ma se dovessi ricomparire – che Dio vi protegga! – passati i sei giorni, vi ingiungo di sbarrare la porta e negarmi l’ingresso, qualunque cosa io dica o faccia. Poiché per allora, altri non sarò che un Vourdalak, un dannato.
Le Vourdalak - Il cast quasi al completo in una scena del film
Le Vourdalak – Il cast quasi al completo in una scena del film

Recensione di Le Vourdalak

Non è la prima volta che il racconto dell’autore russo ispira autori cinematografici: Mario Bava incentrò un episodio del suo film I tre volti della paura (1963) su questa entità vampiresca dell’est europeo. Anche Giorgio Ferroni in La notte dei diavoli (1972) raccolse spunti da questa figura demoniaca. Ma se Bava e Ferroni avevano una marcata propensione verso l’horror, Beau invece usa questo genere per cimentarsi in virtuosismi registici. Però, tali non sono sempre efficaci. Il regista si era già prodigato in questa sperimentazione nei suoi primi due cortometraggi – più convenientemente nel primo che nel secondo. In Le Vourdalak, tale scelta si rivela non sufficientemente supportata.

L’autore predilige un lavoro povero, anche costretto dai pochi mezzi che ha a disposizione. L’uso di una cinepresa in Super 16 regala sicuramente un effetto retrò affascinante, ben accompagnato dalla fotografia di David Chizallet. La scenografia, opera di Thibault Pinto, è povera – o artigianale, come preferisce definirla Beau. Ciò la rende significante, se inserita al di fuori della storia. I costumi di Anne Blanchard sono (quasi) tutti poco appariscenti, finanche sciatti. Ciò però li fa diventare il trampolino per esaltare la vera figura protagonista, ovvero quella di Svenska, la figlia gitana volutamente erotica e ammaliatrice, Quello che manca è la storia, che rischia di far naufragare un progetto ingegnoso e interessante.

Adrien Beau

[…] La novella è piuttosto datata, quindi per modernizzarla ed eliminare tutti quegli elementi che ci irritavano, in particolare i cliché dell’epoca, abbiamo cambiato i personaggi. Il personaggio di Kacey Mottet-Klein è più stupido e sbruffone, per esempio […] Il co-autore del film, Hadrien Bouvier, e io eravamo interessati soprattutto alla storia d’amore, alla relazione tra questi due personaggi.

Beau e il suo collaboratore Hadrien Bouvier decidono di riscrivere il testo russo attualizzandolo, in una forzatura che non trova il giusto sostegno dal resto della costruzione. Rendere il protagonista meno scaltro e più sessualmente famelico o avere uno dei figli del dannato appartenente alla queer family non fanno altro che deviare in una direzione che necessita di una struttura meglio progettata.

Le Vourdalak - Kacey Mottet Klein e Ariane Labed in una scena
Le Vourdalak – Kacey Mottet Klein e Ariane Labed in una scena

La relazione fra il Marchese d’Urfé e la giovane Svenska rimane invece incollata proprio agli stereotipi da cui gli autori volevano staccarsi, proponendo il classico cliché erotico da commedia all’italiana. E anche le battute ironiche, comprensibilmente messe ad uso di un alleggerimento della narrazione, accentuano tale visione. Inoltre, il rapporto fra il figlio maggiore e la moglie riporta a una visione retrò delle relazioni – che è quella da cui Beau si vuole affrancare – che si scontra prepotentemente con l’accettazione del ragazzo in abbigliamento femminile.

Tutta la struttura dell’artigianalità, tanto cara al regista, viene poi persa sfociando in un grottesco disfunzionale rispetto all’obiettivo autorale. La marionetta del Vourdalak è un aspetto intrigante, così come le musiche a supporto dei momenti tensivi, classici del genere. Anche la macellazione del coniglio diventa un momento topico, finché non si finisce nel macchiettistico.

Adrien Beau

Mi piace molto il divario tra realtà e finzione. Il Super 16 ci ha aiutato a trasformare il film in un fantasma tra i fantasmi, come se tutti fossero morti da tempo. Ero molto legato a quel lato teatrale. Amo i film degli anni ’60 e ’70, quelli che rivelano il lato artigianale della settima arte, […]

Se le interpretazioni di Erwan Ribard, Claire Duburcq e Gabriel Pavia – componenti della sottofamiglia del figlio maggiore – rimangono contenute a causa della storia, le altre sono limitate da una scelta di stile non portata fino in fondo. Il marchese di Kacey Mottet Klein è la parte non volutamente comica che, anche nel momento della realizzazione della sua dannazione, non riesce ad uscire dalla sua sciocca indole. Ciò non solo gli fa perdere l’aura eroica ma anche quella grottesca, agognata dall’autore, rimanendo semplicemente patetico.

Ariane Labed cerca invece di dare spazio e gioco alla sua zingaresca figura, fra il continuo rifiuto dello spasimante occasionale all’orrore del sangue del fratello sul viso. Una interpretazione algida, sensuale, alienata che la rendono consapevolmente protagonista della pellicola. Il ragazzo queer interpretato da Vassili Schneider non ha una sua struttura e trova ragion d’essere nella sua prematura – e fortunosa – dipartita. Una presenza, la sua, più data dalla casualità che da un significato subliminale. Attori con delle qualità ma imprigionati da scelte che sarebbero state più funzionali in un cortometraggio.

Le Vourdalak - Kacey Mottet Klein
Le Vourdalak – Kacey Mottet Klein

In conclusione

Il lavoro di Beau era ben identificabile e piacevole nei cortometraggi precedenti, mentre in questo caso si ritrova a essere un esercizio di stile non ben congegnato. La latenza di una storia e le volute introduzioni moderne non hanno aiutato a rendere la pellicola coinvolgente, mentre risulta anche noiosa. Rimarrà nei meandri degli esercizi di stile non pienamente riusciti.

Note positive

  • Interessante uso del Super 16
  • L’aspetto artigianale

Note negative

  • Sceneggiatura troppo vacua
  • Regia funzionale a tratti
  • Attori imprigionati dai loro personaggi
  • Lentezza e scontatezza
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