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Adagio
Titolo originale: Adagio
Anno: 2023
Nazione: Italia
Genere: Poliziesco
Casa di produzione: AlterEgo, The Apartment, Vision Distribution
Distribuzione: Vision Distribution
Durata: 127’
Regia: Stefano Sollima
Sceneggiatura: Stefano Bises, Stefano Sollima
Fotografia: Paolo Carnera
Montaggio: Matthew Newman
Musiche: Subsonica
Costumi: Mariano Tufano
Scenografia: Paki Meduri
Attori: Pierfrancesco Favino, Toni Servillo, Valerio Mastandrea, Adriano Giannini, Gianmarco Franchini, Francesco Di Leva, Emilio Franchini, Marzio El Moety, Lorenzo Adorni, Silvia Salvatori
Trailer di Adagio
Informazioni sul film e dove vederlo in streaming
Adagio, pellicola di Stefano Sollima, va a chiudere “la trilogia della Roma criminale”, a cui appartengono anche A.C.A.B. – All Cops Are Bastards (2012) e Suburra (2015), che erano stati preceduti da Romanzo criminale – La serie (2008-2010).
La pellicola di Sollima è stata presentata a Venezia 80 il 2 settembre 2023 ed è presente nelle sale cinematografiche italiane dal 14 dicembre dello stesso anno, distribuito da Vision Distribution.
Adagio segue l’esperienza americana del regista romano, che ha visto la produzione di Soldado (2018) e Senza rimorso (2021). Alla pellicola partecipano molti attori importanti italiani: Pierfrancesco Favino, Toni Servillo, Valerio Mastrandrea e Adriano Giannini. La colonna sonora è composta dalla band torinese dei Subsonica.
Stefano Sollima
Dopo le esperienze all’estero, finalmente sono tornato a raccontare la mia città. Roma è cambiata e anch’io. L’ho osservata con occhi diversi percorrendo le sue strade con un altro passo. Un adagio. Questo è il racconto del declino inesorabile, struggente, di tre vecchie leggende della Roma criminale alla ricerca di una redenzione impossibile in un mondo ancora più̀ cinico, caotico e feroce di quello che avevano governato negli anni d’oro. Un mondo che schiaccia relazioni familiari, amichevoli e fraterne senza lasciare altri legami tra gli uomini al di fuori del denaro. Una città governata dal caos, dalla corruzione, dal cinismo e asfissiata dal caldo torrido, devastata dagli incendi e dal buio dei blackout… Ma c’è uno spiraglio di luce. La nuova generazione.
Trama di Adagio
Manuel, teenager figlio di Daytona – un ex componente della banda della Magliana oramai in apparente piena demenza senile – si trova invischiato in una storia di ricatti e omicidi. Costretto da alcuni componenti delle forze dell’ordine corrotti a fotografare un politico in situazioni compromettenti, il giovane decide di evadere da quella trappola. Ciò lo porterà a conoscere Polniuman prima e Cammello poi, due ex compagni di banda del padre. La sua fuga porterà i corrotti ad azioni spietate, in una escalation di uccisioni e violenza. Fino al tragico epilogo alla stazione Tiburtina di Roma. Il tutto mentre sulla capitale regna un blackout dovuto a un incendio che ricopre la città di cenere.
Recensione di Adagio
Stefano Sollima torna alle origini: una storia di criminalità invischiata al potere. A fare da cornice, una Roma neanche tanto distopica, con le sue bellezze e contraddizioni. In questo caso specifico, la città eterna è caratterizzata dagli incendi periferici che la ricoprono di un nevischio letteralmente cinereo. Il regista, insieme a Stefano Bises, ha scritto una storia che dovrebbe essere la chiusura di un ciclo. E, proprio per questo, si prende tutto il tempo necessario, assumendosi il rischio di una narrazione che può apparire lenta.
Questo ritmo blando non inficia però sulla trama e sui momenti di azione, i quali vengono esaltati proprio dal contesto cinematografico. Adagio è un gran lavoro di squadra, di una troupe che conosce il proprio mestiere. Il film diventa una esposizione dove ogni arte viene mostrata come fosse in una teca di un museo. Non c’è autocompiacimento, piuttosto le volontà di mostrare le competenze del cinema italiano, spesso relegate a commediole ripetitive o a drammi vacui.
Un ottimo lavoro di squadra
Sollima e Bises sceneggiano la storia di Manuel, giovin virgulto romano cresciuto con un padre malavitoso e costretto a sottostare al ricatto di agenti corrotti. Ma la storia non è la sola protagonista: a Roma viene dedicato tanto spazio e in tutte le angolazioni possibili. Manuel e Roma vengono esaltati dalla fotografia di Paolo Carnera, che dà il suo meglio nelle scene in notturna: un buio che non domina completamente, una saturazione di colori che appaga la visione.
Stefano Sollima
Con Roma ho provato a fare due cose. La prima è quella di rappresentarla in una veste cinematograficamente mai vista, cioè la Roma delle strade, della viabilità. Ho voluto provare a raccontarla come di solito si fa con Los Angeles, quindi non tanto attraverso i suoi monumenti o i quartieri storici, quelli che la identificano maggiormente, quanto piuttosto come una città dove la gente è in continuo movimento. Poi è una Roma caratterizzata con elementi apparentemente distopici che hanno una funzione narrativa.
Il lavoro di Carnera riesce a raggiungere questo risultato grazie anche a un montaggio accurato, che privilegia l’estetica al ritmo. Matthew Newman accompagna lo sguardo dello spettatore tenendolo ancorato a quell’atmosfera soffusa, pregna di tensione. Paki Meduri e Mariano Tufano rendono le immagini reali, coerenti, con scelte scenografiche e di costumi che supportano il racconto filmico, evitando eccessi.
Stefano Sollima, da regista strutturato, segue la linea che si è prefissato lasciando spazio ad ogni elemento che può caratterizzare il racconto. Adagio è ciò che esprime già dal titolo: un film in cui tutto avviene lentamente con il fine ultimo di assaporare ogni ingrediente. Le scene d’azione, per contro, diventano l’esaltazione del caos, a creare una spaccatura che porta lo spettatore a un respiro da quell’apnea voluta dal regista. E la musica dei Subsonica è un accompagnamento ideale, coerente con lo stile che Sollima ha creato minuziosamente.
Un cast di attori come valore aggiunto
Il cast attoriale riesce a supportare con forza le necessità di Adagio, perché il meccanismo di Sollima funzioni. Il giovane Gianmarco Franchini interpreta Manuel, figlio dell’ex componente della banda della Magliana Daytona. Franchini, nella sua acerbezza, riesce a mantenere Manuel all’interno della sua voglia di riconoscimento ed emancipazione. Un elemento che viene risaltato quando si trova di fronte i soci del padre, Polniuman e Cammello.
Daytona è impersonato da Toni Servillo, al suo debutto con Sollima. L’attore afragolese riesce a raffigurare l’ambivalenza del personaggio, fra demenza e crudo spirito di sopravvivenza, senza cadere nello stereotipo. Valerio Mastrandrea è Polniuman, ex socio di Daytona, con spirito paterno e protettivo che l’attore raffigura catturando l’empatia dello spettatore. Cammello viene portato sullo schermo da un irriconoscibile Pierfrancesco Favino, al terzo film con Sollima, che si conferma come attore eclettico, vivace nel trovare nuove strade interpretative, sempre attinente e calzante con i personaggi raffigurati.
In questo gioco di inversione di ruoli, dove i cattivi diventano i buoni e viceversa, i ruoli dei “buoni” corrotti sono interpretati da Adriano Giannini, Francesco Di Leva e Lorenzo Adorni. Il primo, che cerca di uscire dal cono d’ombra creato inevitabilmente dal padre, riesce a dare a Vasco il giusto spessore: crea un personaggio che si suddivide fra violenza e famiglia in una sorta di raffigurazione stevensoniana. Di Leva e Adorni, personaggi di supporto a quello di Giannini, mantengono la dignità dei loro ruoli, riuscendo a spiccare nonostante l’esiguo tempo in pellicola.
In conclusione
Stefano Sollima dosa sapientemente tutti gli elementi necessari per creare una degna chiusura alla trilogia dedicata alla Roma visibile e invisibile. Proprio per questa ragione, il regista non vuole che rimangano allusioni e fa in modo che ogni personaggio e situazione vengano sviscerati, nonostante la storia sia tipicamente un plot driven. Giusto nel finale si concede due momenti sentimentali: il primo narrativo, dedicato al giovane Manuel e al figlio di Vasco, nella necessità di sottolineare come le colpe dei padri non debbano ricadere sui figli.
Pierfrancesco Favino
Stefano non racconta storie di bene o male ma di persone che hanno delle cose da fare. Il messaggio più bello che c’è è che per fortuna le colpe dei padri non ricadono sui figli perché i figli sono individui in grado di scegliere da soli.
Il secondo è dedicato a Roma: immagini suggestive che vanno a ricordare come da ogni evento traumatico la città eterna ne sia sempre uscita vincitrice. E lasciano lo spettatore con il sospetto che, oltre tutto, possa esserci un prosieguo.
Note positive
- Cast attoriale di livello
- Fotografia suggestiva
- Regia ben dosata
Note negative
- Lentezza nella narrazione