Barbie (2023): una buona dose di Greta Gerwig, tra omaggio e decostruzione della bambola più famosa al mondo

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Trailer del film Barbie

Informazioni sul film e dove vederlo

Barbie è il terzo film scritto e diretto da Greta Gerwig (Little Women, Lady Bird) ed è il primo live action mai realizzato sulla bambola di Mattel dopo svariati film di animazione e serie tv esclusivamente dedicati a un target infantile.

Noah Baumbach, collaboratore frequente nonché partner sentimentale, affianca la Gerwig nella scrittura di questa commedia con sfumature di avventura e fantasia che non solo rende omaggio alla bambola diventata icona pop, ma che esplora i diversi significati positivi e anche negativi che essa ha avuto nella società sin dalla sua creazione.

Con un budget finale di circa 100 milioni di dollari, l’idea iniziale di quello che oggi è il film Barbie si rimonta al 2009 quando la Mattel aveva firmato un accordo con la Universal Pictures, alleanza che poi non è andata avanti. Nel 2014, la nota azienda di giocattoli ha riprovato ad avviare questo progetto cinematografico, ma stavolta con la Sony Pictures. Diablo Cody, Lindsey Beer, Bert V. Royal, Hillary Winston, Olivia Milch sono alcuni degli sceneggiatori che sarebbero stati a carico della scrittura del lungometraggio, mentre attrici come Amy Schumer e Anne Hathaway sarebbero entrate in trattative per il ruolo di Barbie.

Ma una volta che i diritti cinematografici sono scaduti per la Sony nel 2018, la Warner Bros. gli ha presi portando avanti il progetto con Patty Jenkins come possibile regista, Greta Gerwig e Noah Baumbach come sceneggiatori e Margot Robbie nel ruolo da protagonista. La Gerwig è stata scelta anche come regista nel 2021, stesso anno in cui Ryan Gosling è entrato definitivamente nella produzione per dare vita a Ken.

Dopo la sua anteprima mondiale avvenuta a Los Angeles lo scorso 9 luglio, Barbie arriva nelle sale italiane il 20 luglio 2023 distribuito da Warner Bros. Pictures Italia.

“Praticamente, tutto ciò che gli uomini fanno nel vostro mondo reale, le donne lo fanno a Barbieland. Barbie è un medico, un’avvocata, e molto di più.”

Barbie (Margot Robbie) Cit. Barbie

Trama di Barbie

Dopo essere stata esiliata da Barbieland perché il resto della comunità la ritiene una bambola “poco perfetta”, Barbie (Margot Robbie) va nel mondo reale per ristabilire l’equilibrio perduto e tornare alla sua normalità.

Recensione di Barbie

L’industria cinematografica, specialmente quella di Hollywood, sta attraversando un periodo molto complesso che sembra aver bloccato anche le riprese e produzioni di nuovi titoli di punta in programma. A causare questo disagio sono proprio gli scioperi degli sceneggiatori della WGA (Writers Guild of America) e degli attori della SAG-AFTRA (Screen Actors Guild-American Federation of Television and Radio Artists) che stanno avendo luogo in questi giorni negli Stati Uniti, alleati contro una causa comune più che giusta. In attesa che si risolvano questi problemi e che si riesca ad arrivare a un accordo per entrambe le parti, il mese di luglio vede come protagonista anche una “battaglia” definita da molti cinefili come “Barbenheimer”, nome congiunto che deriva appunto dai nuovi due film di punta dell’estate, ossia Barbie di Greta Gerwig e Oppenheimer di Christopher Nolan. Viste le grandi finanze investite per pubblicizzare entrambi i lungometraggi, si è fin da subito preannunciato lo scontro più caldo dell’anno, debito anche alle dichiarazioni di Nolan che si è espressamente dichiarato molto infastidito dall’uscita simultanea dei due film nelle sale cinematografiche negli Stati Uniti e in altri paesi del mondo. C’è stato persino un tentativo di convincere la Warner Bros. Pictures a spostare la data di uscita di Barbie, ma lo studio non ha voluto cedere il suo posto.

Non c’è alcun dubbio che in molti stavano attendendo da tempo l’uscita di questo terzo film della Gerwig, una regista che sin da prima di farsi conoscere al grande pubblico con Lady Bird (che ha ricevuto cinque candidature agli Oscar 2017 tra cui “Miglior Film”) e più recentemente con l’adattamento cinematografico di Little Women (sei candidature agli Oscar 2020, compreso “Miglior Film”), aveva già lavorato come attrice, sceneggiatrice e anche regista di altri progetti come il film Nights and Weekends, che ha co-diretto e co-sceneggiato con Joe Swanberg. Nonostante la regista statunitense abbia del potenziale e lo ha dimostrato fino a ora, non si può neanche negare che il grande hype che si è creato attorno all’uscita di Barbie si deve proprio alla bambola stessa. Poteva esserci qualsiasi altro regista dietro la macchina da presa di questo film, ma non sarebbe cambiato molto perché Barbie è entrata nell’immaginario collettivo attraversando generazioni, fino a diventare un’icona culturale senza tempo. Barbie (o meglio dire Greta Gerwig) ha dunque saputo valorizzare tutto questo?

Prima di raccontare di cosa parla esattamente il film, è bene specificare che Barbie è sul mercato mondiale dal marzo del 1959, anno in cui Ruth Handler creò la famosa fashion doll dai capelli biondi. Tutto inizia quando alla giovane imprenditrice statunitense venne l’idea di creare una bambola che avesse un aspetto adulto e che potesse servire di ispirazione per sua figlia Barbara, di cui la bambola prende nome. Questo perché, a quel tempo, le bambole raffiguravano principalmente dei neonati e non c’era ancora un prodotto che si differenziasse in questo. Handler propose l’idea a suo marito Elliot Handler, cofondatore della casa di giocattoli Mattel, il quale dopo dei primi tentennamenti accettò di provare la sfida. Barbie divenne così un successo commerciale senza precedenti, essendo introdotta sul mercato per la prima volta con un costume da bagno zebrato bianco e nero (proprio come appare Barbie nella prima scena del film che parodia e usa il significato metaforico della nota scena di 2001: A Space Odyssey di Stanley Kubrick con il monolite alieno che cambia la mentalità delle scimmie per portarle all’evoluzione, proprio l’effetto che Barbie ha avuto o si intendeva avesse sulle bambine che fino a prima della sua esistenza giocavano a essere soltanto mamme). Da lì in poi, la bambola di Handler si trasformò in tutto quello che oggi conoscono (o credono di conoscere) tutti.

Barbie e il citazionismo di 2001 Odissea nello spazio
Barbie e il citazionismo di 2001: A Space Odyssey

Il film della Gerwig racconta la storia di Barbie “Stereotipo” (Margot Robbie) che vive nel meraviglioso mondo di Barbieland, un luogo dove tutte le Barbie vivono armoniosamente spensierate, felici e soprattutto emancipate perché possono essere ciò che vogliono. E mentre per Barbie ogni giorno è di felicità assoluta, per Ken (Ryan Gosling) lo è soltanto se riesce ad attirare le attenzioni della sua amata Barbie, ma purtroppo senza mai avere grande successo. Un giorno, però, Barbie inizia ad avere strani pensieri di morte e altri segnali negativi nella sua routine quotidiana (come i piedi che gli diventano piatti), fatti che porteranno la bambola a dover affrontare un viaggio verso il Mondo Reale per ristabilire l’equilibrio perduto e tornare a essere “perfetta” come tutte le altre. Dovrà, infatti, trovare una presunta bambina che nel mondo reale gioca con lei e che ha interrotto il normale flusso dei due mondi e in questa avventura sarà accompagnata da Ken.

Ma il bello di questo viaggio da Barbieland al mondo reale e viceversa è proprio il percorso e trasformazione interiore che non solo ha Barbie, ma involontariamente anche Ken, figura che nel nostro mondo non esiste senza Barbie e che tante volte è anche prescindibile per una bambina al momento di giocare. La Gerwig e Noah Baumbach approfittano saggiamente proprio questa realtà per costruire una storia sul mondo Barbie ma da un nuovo punto di vista e per portare a una riflessione interessante sul femminismo e il patriarcato, specialmente quello moderno. Non si può parlare della bambola Barbie senza parlare di femminismo e non c’è ormai film di Greta Gerwig che non abbia al centro della narrazione la figura della donna e ciò che implica esserne una nel mondo di oggi ma anche in quello di ieri.

La creatura di Ruth Handler, fin dalla sua nascita, ha rappresentato un ideale di bellezza femminile desiderato da molte donne per poter raggiungere la “perfezione” estetica, un’icona indissolubile che ancora oggi attrae le attenzioni (e i soldi) della massa. Barbie è anche un simbolo di riferimento dal punto di vista della moda, non per niente ha influenzato e si è fatta influenzare da tante firme e fashion designer come Oscar de la Renta che aveva disegnato dei vestiti per diverse Barbie nel corso degli anni. Tutte le sfumature, valori e simbolismi ambigui che la bambola di Mattel ha rappresentato per la società sin dalla sua creazione vengono messi nel film, soprattutto quelli più legati alla libertà e l’identità femminile perché Barbie ha rivoluzionato il mercato ma (si spera) anche le aspirazioni e gli obiettivi delle donne che non devono essere solo mamme, ma anche realizzarsi professionalmente e far parte del cambiamento sociale tanto come gli uomini.

Nel film, non è soltanto Barbie la protagonista, ma anche Ken. Gerwig e Baumbach hanno fatto l’ottima scelta di offrire anche il punto di vista del partner di Barbie dandogli lo spazio che, come mette in evidenza il film, lui non ha mai avuto né a livello di commercializzazione né al momento di giocare con le Barbie. Ma perché neanche la Mattel, il suo proprio luogo di nascita, ha mai avuto per Ken lo stesso interesse che per Barbie? Questa è una delle tante interroganti su cui si fondano le premesse del film. Forse Barbie è altro che un ideale e un sogno da vendere alle donne (sogno in cui gli uomini sono superflui) per affrontare una realtà in cui ancora faticano ad avere e ad essere ciò che vogliono, soprattutto per quanto riguarda le posizioni di “potere” e le pari opportunità professionali, di rispetto e di aspirazioni.

Quindi la presenza del personaggio di Ken, predominante quanto quella di Barbie, unito al viaggio che fanno entrambi da Barbieland al Mondo Reale danno spunto per parlare di diverse tematiche femministe, tra cui “lotta” per l’uguaglianza di genere, ma anche di quanto siano tossici gli estremi e quanto sia necessario un equilibrio tra uomini e donne perché il Mondo Reale dominato per il patriarcato è ingiusto nei confronti delle donne, ma il matriarcato che caratterizza Barbieland lo è anche per gli uomini rappresentati specialmente dal Ken di Ryan Gosling.

Il femminismo, il patriarcato e qualsiasi altro movimento o sistema sociale ha a che fare anche con l’identità, la percezione e anche l’autostima di ogni individuo. E così come Barbie affronta, inoltre, tematiche come l’incapacità di riconoscere e di esprimere davvero sé stessi, lo stereotipo inteso come gabbia che frena le aspirazioni dell’uomo/donna e il senso di smarrimento quando non ci si riesce ad identificare in niente.

Barbie è diventata negli anni un oggetto di desiderio, un obiettivo da raggiugere, eppure questo non ha fatto altro che creare metaforicamente una prigione di stereotipi finti, ingannevoli, capaci di far dubitare Barbie stessa della propria natura. I difetti diventano nel film un qualcosa di impossibile da accettare perché mina il concetto di perfezione, caratteristica imprescindibile per Barbie se non vuole fare la fine della Barbie Stramba (Kate McKinnon), allontanata e considerata da tutti la pecora nera di Barbieland ed esclusa dalla vita sociale dalle proprie Barbie (e qui entra anche una critica a quel femminismo ipocrita e selettivo e a come le proprie donne tante volte fanno parte del problema). Ecco che, dunque, il film propone anche una chiave di lettura interessante sulla meraviglia dell’imperfezione, che sembra qualcosa da cui stare lontani e che invece fa parte dell’essere (e del diventare) umani e di avere sentimenti.

Più che una critica verso gli uomini, le donne, persino la Mattel e la stessa Ruth Handler, il film di Greta Gerwig cerca di portare alla riflessione con un messaggio di libertà per tutti attraverso la sua protagonista Barbie, che mettendo i piedi (piatti) per terra riesce ad aprire gli occhi e a guardare sé stessa e il mondo oltre Barbieland per quello che è davvero, un luogo non tutto rosa e fiori che comunque vale la pena vivere.

“È ‘Barbie e Ken’. Non esiste solo ‘Ken’.”

Ken (Ryan Gosling) Cit. Barbie

Nostalgia, divertimento e un po’ di superficialità

Dal punto di vista registico, Greta Gerwig ha concentrato le proprie attenzioni sulla messa in scena e sul lavoro con il cast. Il film gode di impeccabili scenografie e costumi che ricreano stupendamente il mondo di Barbie, completamente immerso dal colore rosa e le tonalità pastello, ma è stata anche attenta ai minimi particolari, fino ai più piccoli dettagli che sicuramente le fan della bambola sapranno cogliere alla perfezione. Questo traguardo è dovuto anche al lavoro di fotografia di Rodrigo Prieto, tre volte candidato agli Oscar per The Irishman, Silence e Brokeback Mountain.

Tra gli aspetti che maggiormente risaltano in positivo nel film, c’è anche la verve comico surreale della storia. La comicità e l’ironia nei dialoghi funziona molto bene (ed è poi un qualcosa che caratterizza la Gerwig e Baumbach e che qui arriva al suo massimo potenziale), facendo divertire a ogni battuta detta dai personaggi, dove il no-sense fa da padrone tante volte perché a fin dei conti un film del genere se lo può permettere sia perché ci si immerge in un mondo di fantasia e immaginazione, sia perché il lungometraggio di per sé non si prende molto sul serio. I personaggi si comportano di conseguenza, ma lo fanno in maniera seria, il che ricorda vagamente quel genere di comicità alla Mel Brooks.

In questo senso (e contro ogni dubbio che forse si poteva avere), il cast di attori è azzeccato, essendo Margot Robbie e Ryan Gosling più di una semplice coppia di protagonisti che funziona benissimo perché fanno dei loro Barbie e Ken due personaggi iconici. A questo proposito è impossibile non esaltare in maniera particolare la fantastica interpretazione di Gosling come la controparte di Barbie, sempre al confine del surrealismo più folle. Non è un caso che infatti il suo personaggio è quello che funziona di più, anche a livello di scrittura, nonostante qualche caduta verso la fine. Egli ha un’evoluzione più marcata durante la narrazione rispetto a Barbie soprattutto perché ha tante sfumature nel carattere che rendono il personaggio molto più empatico per lo spettatore.

Ci si può riconoscere molto in Barbie, ma anche in Ken. Entrambi attraversano una crisi di identità, solo che probabilmente ci si avvicina di più a lui perché è colui che cerca di essere considerato a tutti i costi senza riuscirci mai, con delle emozioni che non riesce a esprimere concretamente. “I’m Just Ken” è un brano molto significativo in questo senso. Sono svariati i personaggi che arricchiscono la comicità del film come quello della Barbie Stramba di Kate McKinnon e quello del CEO di Mattel interpretato da Will Ferrell.

E parlando della musica, per complementare l’atmosfera nostalgica anni ‘70, ‘80 e ‘90, il film gode di scene musicali con canzoni originali che fanno parte della narrazione e anche di una colonna sonora fantastica che comprende anche una nuova versione di Barbie Girl dei Aqua, oltre a usare canzoni pop già esistenti sempre di quell’epoca come Spice Up Your Life delle Spice Girls di cui la stessa Margot Robbie (anche produttrice del film) è una grande fan. A tutta questa meravigliosa atmosfera si aggiungono dei riferimenti al cinema, introducendo all’interno della storia breve scene di Pride & Prejudice e The Godfather.

Non si può dire che Barbie sia un capolavoro perché è veramente lontano da essere definito come tale. Nonostante la forma e il contenuto siano accattivanti, le intenzioni risultano molto più interessanti della sua effettiva riuscita. Barbie ha una sceneggiatura a tratti confusa, che ricorre certe volte a mediocri espedienti per poter dare un plot alla narrazione. Questo si può riscontrare benissimo nel suo incidente scatenante, evento che porta il personaggio Barbie ad iniziare il viaggio verso il Mondo Reale, che risulta una forzatura fatta solo per poter far partire il film. Non è ben chiaro il collegamento delle “emozioni negative” della donna umana che gioca con la bambola e che influiscono nella Barbie e questo perché effettivamente viene soltanto spiegato con pochissime parole tanto per “giustificare” queste azioni. I due personaggi madre e figlia, Gloria (America Ferrera) e Sasha (Ariana Greenblatt), sono infatti superflui, inseriti solo per cercare di arricchire il film con quello che si intende farebbe parte della trama principale ma che invece passa a essere una sorta di sottotrama trascurata.

Anche alcune risoluzioni per portare al climax della storia sono deboli, in particolare il modo per “risvegliare” tutte le Barbie dal patriarcato che poi stabiliscono i Ken a Barbieland. Insomma, la scrittura di Barbie risulta superficiale e scarsa perché anche le tematiche vengono poco approfondite e intrecciate con poca chiarezza. Certamente, nessuno si aspetta di trovare un’opera stile Hitchcock, ma quanto meno un po’ di coerenza narrativa.

Scopri anche: Dichiarazioni della Gerwing e della Robbie su Barbie (2023)

Sicuramente, Barbie è un film dal successo facile e arriverà alle vette del box office. È molto interessante vedere come Greta Gerwig gestisce la sua visione cinematografica per la prima volta in un film mainstream, uno stile autoriale ancora da scoprire e farsi strada e che in questo lavoro si fa notare attraverso la sua creatività, tematiche e anche senso dell’umorismo.

C’è molto impegno nel voler rendere omaggio a un’icona assoluta e il film ci riesce, come ci riesce anche nel far ridere con le sue scene e battute intelligenti e surreali. La messa in scena è indiscutibilmente fantastica e chiunque ha avuto una Barbie vedrà il film come uno specchio dove trovare ricordi nostalgici del proprio passato. Il lungometraggio è allo stesso tempo imperfetto, soprattutto nella scrittura, ma rimane comunque una produzione che fa quello che deve fare, un film non per bambini come si potrebbe pensare, ma invece fatto da e per chi come Greta Gerwig fa parte di una generazione che è cresciuta ed è appassionata di questa bambola che chiaramente è più di uno stereotipo di bellezza.

“Gli esseri umani hanno solo una fine. Le idee vivono per sempre.”

Ruth Handler (Rhea Perlman) Cit. Barbie

Note positive

● Regia e fotografia.

● Interpretazioni, specialmente quelle di Margot Robbie e Ryan Gosling.

● Tematiche complesse e importanti trattate con leggerezza e creatività. Tono divertente e ritmo movimentato grazie alla gestione della comicità ironica e intelligente all’interno della sceneggiatura.

● Scenografia e costumi.

● Colonna sonora.

Note negative

● A tratti confuso dovuto alla poca coesione narrativa che esiste tra le diverse tematiche su cui cerca di far riflettere, trascurando anche personaggi secondari quali Gloria e la figlia Sasha.

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