Il morso del coniglio (2023). “Io sono Alice”

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Locandina Il morso del coniglio (2023)

Il morso del coniglio

Titolo originale: Run Rabbit Run

Anno: 2023

Nazione: Australia

Genere: Horror

Casa di produzione: Carver Films, VicScreen, XYZ Films

Distribuzione italiana: Netflix

Durata: 100 minuti

Regia: Daina Reid

Sceneggiatura: Hannah Kent

Fotografia: Bonnie Elliott

Montaggio: Sean Lahiff, Nick Meyers

Musiche: Mark Bradshaw, Marcus Whale

Attori: Sarah Snook, Greta Scacchi, Damon Herriman, Julia Davis, Lily LaTorre, Trevor Jamieson, Georgina Naidu, Neil Melville, Shabana Azeez

Trailer de Il morso del coniglio

Informazioni sul film e dove vederlo in streaming

Dal 2021 Netflix sta puntando forte sulle produzioni Australiane, portando sul suo catalogo on demand molti film e serie create proprio nella nazione dei canguri. Tra questi titoli vanno citati: Pallino e le meraviglie della barriera corallina (2021), documentario premiato agli Emmy, la serie Heartbreak High (2022), la serie The Stranger (2020), la serie dramedy Wellmania (2023) con Celeste Barber, Thanks! (2019), la miniserie Boy Swallows Universe (2023), il film biografico su Jessica Watson True Spirit (2023), la serie Surviving Summer – Un’estate travolgente (2022) e infine Run Rabbit Run (2023), lungometraggio di genere horror soprannaturale presentato al Sundance Film Festiva il 19 gennaio 2023 e distribuito su Netflix, dal 28 giugno 2023, con il titolo italiano di “Il morso del coniglio”. 

Run Rabbit Run, opera prima della regista Daina Reid, conosciuta per aver diretto alcuni episodi della serie Shining Girls, Upload e The Handmaid’s Tale, vedeva inizialmente come protagonista Elisabeth Moss, attrice con cui la Reid aveva già collaborato in svariate serie. L’attrice di Mad Men (2007-15) inizialmente accettò ma, a causa di alcune divergenze di programmazione e di distribuzione, si ritirò dal progetto insieme alla STXfilms. Così, per vestire i panni della protagonista, venne scelta l’attrice australiana, classe ‘87, Sarah Ruth Snook, conosciuta al pubblico per la sua interpretazione nel dramma HBO Succession (2018–2023), Predestination (2014) e Pieces of a Woman (2020). Il ruolo della piccola protagonista Mia è invece andato a Sarah Lily LaTorre, alla sua prima esperienza cinematografica. Le riprese, invece, che hanno visto un rallentamento di due anni causa Covid, sono state effettuate a Melbourne, stato di Victoria, e nella regione Riverland dello stato Australia Meridionale.

Trama de Il morso del coniglio

Sarah è una endocrinologa riproduttiva e il suo lavoro la porta a conoscere bene il ciclo della vita: la nascita, la vita e poi la morte. Sta crescendo sua figlia Mia da sola, dopo aver divorziato dal padre di Mia, Pete, un uomo che si occupa poco e niente della vita della propria figlia. Sarah è costretta a destreggiarsi, da sola, tra la scuola, le faccende di casa e il lavoro di medico, mentre soffre per la recente perdita del padre, venuto a mancare di recente. Nonostante il trauma subito, Sarah continua ad andare avanti dando alla propria figlia un’apparente infanzia felice e serena, finché, il giorno del settimo compleanno di Mia compare un coniglio bianco dinanzi alla loro soglia di casa. Sarah è profondamente turbata alla vista dell’animale mentre Mia se ne innamora immediatamente. La bimba lo prende con sé, lo porta in casa e lo chiama, semplicemente, “Coniglio”.  Quasi contemporaneamente Mia inizia a chiedere a sua madre, con insistenza, notizie di Joan, la nonna che non ha mai conosciuto. Sarah, evita in tutti i modi possibili di rispondere alle domande della figlia, ma ciò non attenua la volontà di Mia, che, in maniera ossessiva, incomincia a chiedere, con sempre più fervore e mania, d’incontrare la propria nonna Joan, attuando, parallelamente, degli strani comportamenti. Ben presto Mia non è più la piccola bambina felice di un tempo ma al suo posto è comparsa una bambina oscura e traumatizzata. La piccola costruisce una maschera da coniglio, color rosa, e insiste per indossarla continuamente, nel mentre dichiara che Sarah non è la sua “vera mamma” e che il suo nome non è Mia ma Alice, ovvero il nome della sorella scomparsa di Sarah. Per fermare questo malsano comportamento della figlia, la donna decide di farle incontrare sua nonna Joan, un’anziana che soffre di demenza chiusa in una casa di cura da molti anni. Questo incontro però non farà altro che aumentare la “follia” della piccola Mia che inizierà a comportarsi sempre più come la piccola Alice. 

Lily LaTorre in Il morso del coniglio (2023)
Lily LaTorre in Il morso del coniglio (2023)

Recensione de Il morso del coniglio

Indubbiamente non siamo dinanzi a un prodotto cinematografico, realizzato per un esperienza in sala (nonostante sia stato presentato al Sundance Film Festival), ma Il Morso del coniglio si dimostra un interessante lungometraggio per una visione domestica che non brilla né dal punto di vista tecnico visivo né da quello sceneggiativo, dimostrandosi però una visione carina per trascorrere una serata casalinga entro il genere horror psicologico – soprannaturale, senza tante aspettative.

Tecnicamente, se la regia si dimostra didascalica, senza possedere nessun tipo di pregio e di elemento autoriale, la fotografia di Bonnie Elliott lascia alcune perplessità, soprattutto nelle scene con poca illuminazione. I neri provocano una discreta quantità di rumore, esclusivamente nelle riprese degli interni dell’abitazione di Mia e Sarah e nell’abitazione della famiglia di Sarah. Il guaio per Bonnie Elliott è che Il morso del coniglio è quasi del tutto girato entro queste due location, che mostrano primeggiare due colori: il giallo e il nero. A livello sceneggiativo, invece, non possiamo dire che la vicenda brilla di una reale originalità, soprattutto se consideriamo il genere horror più recente. Numerosi sono i lungometraggi che indagano il senso di maternità e genitorialità attraverso storie paranormali, questo è il caso di Hereditary – Le radici del male (2018), Babadook (2014), Relic (2020), Hatching – La forma del male (2022) e Goodnight Mommy (2014). Come queste pellicole, Run Rabbit Run, indaga una situazione familiare malsana, il tutto arricchito da una classica componente sovrannaturale alquanto stereotipata, in cui l’elemento di maggior interesse della pellicola riguarda la storia passata, quella avvenuta anni addietro, quando Sarah era ancora un adolescente. Questa storia tenta di dare più approfondimento alla nostra protagonista, facendoci comprendere il suo stato d’animo, i suoi sensi di colpa e il suo rapporto con la propria madre Joan, ma tutta questa sottotrama fondamentale per la comprensione narrativa degli eventi, doveva essere narrata con maggior tridimensionalità. La sceneggiatrice Hannah Kent fa un lavoro solo per metà, mettendo elementi interessati di genere ma senza dargli il giusto approfondimento.

Una famiglia distruttiva

Nelle prime scene la nostra protagonista Sarah ci appare come una donna disturbata e fragile psicologicamente. Una madre che tende a riversare tutte le sue paure del mondo sulla sua figlioletta Mia, come è evidente dalla scena del compleanno dove la donna insulta, con cattiveria e furore, un bambino di tre anni che ha dato una piccola botta in testa a sua figlia. Nonostante questo atteggiamento eccessivamente protettivo Sarah si dimostra incapace di prendere la situazione in mano quando le cose incominciano ad andare male. In maniera improvvisa, Mia, inizia ad attuare atteggiamenti inquietanti e disturbati per una ragazzina di sette anni. Ben presto la situazione diventa ingestibile e Sarah non fa niente per risolverla sul nascere, anzi. Sarah si dimostra incapace di chiedere un aiuto esterno, si chiude in se stessa. Questa sua chiusura e intenzione di proteggere la figlia dal mondo esterno, la conduce a creare un circolo vizioso e malsano di violenza e follia, tra lei e la sua stessa figlia. La situazione della figlia andrà a spezzare ogni difesa mentale presente in Sarah portandole a galla verità celate che, lentamente, la conducono alla pazzia emotiva e psicologica.

La piccola Mia inizialmente è una bambina apparentemente felice, attaccata alla madre con cui possiede un intenso rapporto quasi simbiotico. Mia però non si dimostra una bambina socievole, anzi al suo compleanno (forse a causa della madre?) non è presente nessuno, neppure un suo amico (forse non li ha?), segno che la piccola vive un rapporto malsano con la propria madre, entro una condizione di chiusura. Durante la narrazione si attuerà una sorta di ribellione e di sfida da parte di Mia nei confronti della madre.

ll padre Peter invece è una figura totalmente assente, un uomo che non si occupa realmente della propria figlia e non fa niente per aiutare la sua ex-moglie. Peter, nonostante si rende conto dell’instabilità emotiva e psicologica di Sarah non getta un ancora di aiuto alla sua vecchia famiglia, ma li lascia ad annegare, abbondandoli alla loro sorte, anche quando Sarah tenta di chiedergli aiuto. Questo atteggiamento è evidente in molteplici istanti narrativi, come nel finale della pellicola, quando vede con i suoi occhi il disastro ma decide, praticamente, di non agire e di non aiutare nè la figlia nè la sua ex-moglie.

Alcuni buchi di trama?

(allerta spoiler)

Dal punto di vista della costruzione narrativa della storia ci sono alcune domande, che si pone lo spettatore, che però non hanno trovato nessun tipo di risposta. Chi è il coniglio? Per caso è lo spirito di Alice? Quand’è che la sua presenza entra in casa? Quando sopraggiunge il coniglio o è presente da prima? Se uno guarda la pellicola con attenzione si rende conto che la piccola Mia inizia a chiedere, prima della comparsa dell’animale, notizie su Joan dichiarando che la nonna che non conosce gli manca (che la piccola fosse già impossessata?). Inoltre viene da chiedersi come abbia fatto Sarah a far scomparire il cadavere di Joan, questo ora dove si trova? Suo padre l’ha aiutata a nascondere la realtà? Oppure non sapeva niente? Tutti elementi che non trovano una risposta narrativa.

Sarah Snook in Il morso del coniglio (2023)
Sarah Snook in Il morso del coniglio (2023)

In conclusione

Una storia carina ma niente di più. Lo spettatore è portato a visionare l’intero lungometraggio grazie alla curiosità di comprendere cosa sia accaduto realmente ad Alice. Una verità che verrà a galla seppure in maniera parziale. 

Note positive

  • Interpretazione delle due protagoniste 
  • Curiosità nello scoprire la sorte di Alice

Note negative

  • Fotografia
  • Alcuni buchi di sceneggiatura
  • Regia, poco incisiva
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