Il prodigio (2022): storia di fede e di turbamenti  

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Il prodigio 2022 locandina film

Il prodigio

Titolo originale: The Wonder

Anno: 2022

Nazione: Irlanda, Gran Bretagna, Stati Uniti d’America

Genere: Drammatico, Giallo

Casa di produzione: Element Pictures, Element, House Productions, LSG Productions, Screen Ireland

Distribuzione italiana: Netflix

Durata: 103 minuti

Regia: Sebastián Lelio

Sceneggiatura: Alice Birch, Sebastián Lelio

Fotografia: Ari Wegner

Montaggio: Kristina Hetherington

Musiche: Matthew Herbert

Attori: Florence Pugh, Niamh Algar, Ciarán Hinds, Tom Burke, Toby Jones, Elaine Cassidy, Dermot Crowley, David Wilmot, Brian F. O’Byrne, Josie Walker, Mary Murray, Kíla Lord Cassidy, Caolan Byrne

Trailer italiano de Il Prodigio

Tessa Ross, la produttrice della pellicola, si trovava a Provincetown, Massachusetts, quando nel 2016 lesse per la prima volta il romanzo della scrittrice irlandese Emma Donoghue The Wonder, una storia ambientata nel 1859, un decennio dopo la Grande Carestia che ha scosso le vite dell’epoca. Il romanzo trasporta il lettore entro un mondo fatto di spiritualità e religione in cui un’infermiera si ritrova a osservare Anna O’Donnell, una ragazzina di undici anni che ha smesso completamente di mangiare da quattro mesi. La Ross, denotando la potenza dell’opera, sia dal punto di vista tematico che narrativo, decise di effettuarne una trasposizione filmica. Per farlo ha ripreso in mano tutti quei contatti produttivi che aveva ottenuto lavorando alla pellicola Room (2015) basata sul romanzo Stanza, letto, armadio, specchio della Donoghue.

“Mi ha commosso molto: è un romanzo che copre così tanti temi. È una conversazione sulla fede, sulle donne e i loro corpi, sull’amore e su come creiamo le famiglie… L’ho letto e mi è piaciuto molto. Ho telefonato all’agente di Emma e ho iniziato la conversazione. E dato che si trattava d’Ireland-set, e con la voglia di lavorare di nuovo tutti insieme, sono andato da Element e gli ho detto: “Vuoi unirti a noi?”

Tessa Ross

Il primo a essere contattato, dopo la scrittrice, è stato il capo della Film4, Ed Guiney, produttore irlandese co-fondatore dell’Element Pictures. In seguito sono stati coinvolti Sebastián Lelio, che andrà a dirigere e sceneggiare il lungometraggio, e la sceneggiatrice Alice Birch. La stessa E. Donoghue ha lavorato alla scrittura del lungometraggio. Il film viene distribuito su Netflix dal 16 novembre 2022 e vede all’interno del cast l’attrice Florence Pugh (Don’t Worry Darling, 2022; Piccole Donne, 2019; Midsommar – Il villaggio dei dannati, 2019), Tom Burke (The Souvenier, 2019; True Things, 2021) e la giovanissima Kíla Lord Cassidy (Viewpoint, 2021; Mrs Lowry & Son, 2019) al suo primo ruolo da co-protagonista.

Trama de Il Prodigio

1862, sono trascorsi tredici anni dalla Grande Carestia, quando una suora inglese e un’infermiera inglese, di nome Lib Wright (Florence Pugh), vengono convocate in Irlanda per svolgere un lavoro d’osservazione e di annotazione dei fatti. Le due donne devono scrutare per quindici giorni l’undicenne Anna O’Donnell (Kíla Lord Cassidy), colei che si nutre da quattro mesi solo di “manna dal cielo” non ingurgitando più nessun tipo di cibo.  La bambina è una santa oppure lei e la sua famiglia stanno imbrogliando la cittadina religiosa? Sarà compito di Lib portare alla luce la verità dei fatti.

Il prodigio. (L to R) Florence Pugh as Lib Wright, Kíla Lord Cassidy as Anna O’Donnell in The Wonder. Cr. Aidan Monaghan/Netflix © 2022
Il prodigio. (L to R) Florence Pugh as Lib Wright, Kíla Lord Cassidy as Anna O’Donnell in The Wonder. Cr. Aidan Monaghan/Netflix © 2022

Recensione de Il Prodigio

Miracolo o imbroglio? Questo è il dilemma che tesse il filo conduttore della pellicola di Sebastian Lelio, una domanda che dona quel senso di suspense e di attesa all’interno di una storia alquanto semplice ai fini narrativi, interamente incentrata sulla creazione del rapporto umano tra l’infermiera Lib e la giovanissima Anna. La regia e la sceneggiatura alquanto spoglia ricercano la creazione di un ambiente crudo e ruvido in cui le protagoniste de Il Prodigio sono costrette a muoversi, fatto di povertà, disperazione, orrore e religione, in un territorio come quello Irlandese in cui la devozione a Dio è ben radicata nel tessuto sociale –culturale di fine 1800. Lib Wright incarna tutta la rudezza e tutta la disperazione di quel mondo e di quell’epoca dura da vivere per una donna vedova. I suoi vestiti e i suoi gesti sono impregnati di rigidità e freddezza interiore nei confronti della bambina, che non vede come un essere umano ma come un incarico che deve portare a termine, costi quel che costi. I suoi modi di fare sono ruvidi, schietti, scientifici. A lei non basta osservare ma intende indagare e creare un’osservazione il più ancorata possibile agli emblemi della scienza, per togliere alla piccola tutte le fonti di contatto con altri individui, al fine di tagliare ogni possibilità, che Anna potrebbe avere, di ricevere del cibo. A lei non interessa della bambina ma conta solo concludere l’incarico, mostrare al villaggio che non esiste santità ma solo cruda verità dei fatti e che quella bambina ha sempre mangiato in quei quattro mesi e che non è mai stata digiuna.

Proprio nel personaggio di Lib troviamo il maggior cambiamento interiore. Il Prodigio c’è la mostra come una donna rude e scientifica, poco incline alle chiacchiere e con un passato alquanto doloroso e segnato da una dipendenza nascosta di assuefazione. Lib cambierà grazie al contatto con Anna e con quel mondo fatto di brutalità e spietata spiritualità, come scopriremo nella seconda parte della pellicola.

Anna, una bambina apparentemente devota, buona e sincera, ma profondamente turbata, riuscirà, con il suo animo umano e semplice da bambina ingenua, a far breccia nel cuore arruvidito dagli anni di dolore dell’infermiera, che man mano passa il tempo con la piccola santa più diventa umana nei suoi confronti, pur mantenendo quella divisione netta tra lei e la bambina, in cui lei è l’infermiera e l’altra il paziente. Una divisione di ruoli che alla fine della pellicola si spezzerà completamente e Liv non vedrà più un malato da curare in Anna, ma una figlia, quella che lei stessa ha perduto tempo prima.

Il lungometraggio è spoglio e privo di qualsiasi nota di bontà e di ricchezza. Tutti i personaggi sono segnati da un dolore interiore, da una perdita e tutti loro hanno bisogno di credere in qualcosa d’impossibile, come lo stesso consiglio della città, che pretende che Lib e la suora dichiarano quella bambina una santa, perché loro ne hanno bisogno, hanno l’esigenza di sapere che è ancora possibile qualcosa di straordinario. Il Prodigio ci mostra un mondo di fede oscura, fatto di orrore, senso di colpa e di martirio, in cui la religione assume il ruolo più di prigione che di liberazione. La stora sembra chiedere al pubblico: è meglio perire a nome di una falsa religione che vivere di semplice miseria, in cui la morte sembra una benedizione?

Cos’è una storia?

Il prodigio è una storia registicamente classica ma che possiede un elemento di rottura, messo lì un po’ a caso, probabilmente. La pellicola inizia e finisce con la rottura della quarta parete, della credibilità narrativa da parte del pubblico. L’introduzione del lungometraggio si mostra subito che ciò che vediamo non fa parte della realtà ma solo dell’illusione e dell’invenzione narrativa. Una voce di donna dichiara:

Non siamo nulla senza storie, quindi v’invitiamo a credere in questa

Il prodigio

Una scelta molto bizzarra e allo stesso tempo interessante. Nella prima scena vediamo dinanzi a noi l’artificio del cinema. Siamo nel mondo del set che scopriamo attraverso una panoramica che mostra a noi l’ambiente fino a farci entrare dentro una scenografia appositamente costruita, una nave, andandoci a presentare l’infermiera che sta raggiungendo l’Irlanda. La domanda che ci viene da porci: “Perché iniziare così la pellicola? Che senso ha, al fine tematico, questo intro con il resto del film?” Difficile a dirsi, ad eccezione che noi siamo fatti di storie, di racconti e che spesso un racconto, che non rappresenta verità, diviene un fatto, un evento che verrà narrato nei libri di storia, pur facendo parte di un racconto che non è ancorata alla veridicità storica. Detto ciò questo espediente di rottura doveva essere usato meglio e non solo sporadicamente a inizio film, a circa metà della pellicola (dove udiamo la voce del narratore) e alla fine. La rottura della quarta parete se usata doveva essere maggiormente presente.

Il prodigio. Florence Pugh as Lib Wright. Cr. Christopher Barr/Netflix © 2022
Il prodigio. Florence Pugh as Lib Wright. Cr. Christopher Barr/Netflix © 2022

Una storia vera

Pensare che tutto sia stato basato su eventi realmente accaduti (e ovviamente romanzati) è sconcertate, ma nell’epoca Vittoriana, specialmente in Irlanda, ci sono stati molti case di ragazzine che hanno deciso di digiunare a nome dello spirito divino. L’autrice del romanzo, durante alcune interviste stampa come quella rilasciata a Elle, ha ammesso che il tutto è nato da un fatto di cronaca che aveva letto dieci anni fa, riguardante un caso di digiuno che ha condotto la bambina verso la morte. Qui le dichiarazioni:

Mi sono imbattuta in uno dei casi delle Fasting Girls almeno vent’anni fa, ed è stata una di quelle piccole chicche storiche che mi hanno affascinato. Alcune erano palesemente delle criminali che sono state scoperte – una è stata mandata in ospedale ed è stata trovata a mangiare di nascosto dei panini nel suo cuscino. Ma poi c’erano casi davvero tragici in cui, messi sotto sorveglianza, iniziavano a struggersi e a volte morivano. Un paio di anni fa mi è venuto in mente che avrei potuto farne una versione romanzata e, dato che potevo scegliere dove ambientarla, ho pensato: deve essere l’Irlanda. Me ne sono andato da molto tempo, da quando avevo 20 anni, ma non ho mai perso il mio legame con l’Irlanda, che ha una storia così difficile con la fame. C’è quindi un contrasto tra il non mangiare volontario di una ragazza che digiuna e il non mangiare involontario di un intero popolo che viene affamato durante la carestia.

Elle

A Vogue invece ha asserito:

Ciò che mi ha colpito di più riguardo a quel primo caso è il fatto che fossero state assunte delle infermiere per assistere questa bambina. Ho pensato che dovesse trattarsi della più bizzarra delle situazioni per una professionista del settore medico: osservare qualcuno che soffre inutilmente e, al tempo stesso, vedersi precludere la possibilità di intervenire. Il caso fu seguito giorno per giorno anche dai media dell’epoca, ma nessuno salvò la bambina. Allora mi sono chiesta: come’è possibile che degli adulti siano venuti meno in questo modo ai propri doveri nei confronti di una bambina? Così, ho deciso di scrivere un racconto di fantasia ambientato in Irlanda, con un’infermiera e una giornalista come protagonisti. Mi è sembrato un modo naturale per porre alcune domande piuttosto impegnative. Quali sono gli obblighi di un’infermiera nei confronti di un paziente? E quali quelli di un giornalista nei confronti dell’oggetto della sua indagine?

In conclusione

Una storia semplice che ottiene forza grazie a una tematica interessante e alla bravura delle due protagoniste dove abbiamo una straordinaria Florence Pugh, nelle vesti di una donna forte e interiormente rude, e Kíla Lord Cassidy, che ricopre i panni di una bambina a cui è stata rubata l’innocenza.

Note positive

  • Interpretazione di Florence Pugh e Kíla Lord Cassidy
  • Scenografia
  • Tematica

Note negative

  • Introduzione e finale, seppur ben fatti, ma ottengono poco senso narrativo dentro la pellicola
  • Fatichiamo fin dall’inizio a credere nella bambina, magari si poteva creare più ambiguità, portandoci a credere maggiormente nel miracolo divino
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