La legge di Lidia Poët – Prima stagione (2023): la storia vera della prima avvocatessa italiana

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Locandina della prima stagione di La legge di Lidia Poët

La legge di Lidia Poët

Titolo originale: The Law According to Lidia Poët

Anno: 2023

Paese: Italia

Genere: Drammatico, giallo

Casa di Produzione: Groenlandia

Distribuzione italiana: Netflix

Ideatore: Guido Iuculano, Davide Orsini

Stagione: 1

Puntate: 6

Regia: Letizia Lamartire, Matteo Rovere

Sceneggiatura: Guido Iuculano, Davide Orsini, Elisa Dondi, Daniela Gambaro, Paolo Piccirillo

Fotografia: Francesco Scazzosi, Vladan Radovic

Montaggio: –

Musica: Massimiliano Mechelli

Attori: Matilda De Angelis, Pier Luigi Pasino, Eduardo Scarpetta, Sara Lazzaro, Sinéad Thornhill, Dario Aita

Trailer de La legge di Lidia Poët – Prima stagione

La legge di Lidia Poët, la serie in sei episodi, prodotta da Matteo Rovere (Smetto quando voglio, 2014; Veloce come il vento, 2016;  Il primo re, 2019), una produzione Groenlandia, e creata da Guido Iuculano e Davide Orsini, debutta il 15 febbraio 2023 su Netflix in tutti i Paesi in cui il servizio è attivo. La serie, che si rifà, in maniera romanzata, alla vera storia della prima avvocatessa d’Italia Lidia Poët (Perrero, 26 agosto 1855 – Diano Marina, 25 febbraio 1949), vede nel cast: Matilda De Angelis (Atlas; 2021; Il materiale Emotivo, 2021; Rapiniamo il duce, 2022) nel ruolo della protagonista, ed Eduardo Scarpetta (L’amica geniale, 20182022; Le fate ignoranti – La serie, 2022) in quello del giornalista Jacopo Barberis. Pier Luigi Pasino è Enrico Poët, fratello di Lidia, mentre Sara Lazzaro (18 regali, 2020; Siccità, 2022) e Sinéad Thornhill (al suo debutto come attrice) sono rispettivamente Teresa Barberis, moglie di Enrico, e Marianna Poët, la loro figlia. Dario Aita è Andrea Caracciolo. La serie è diretta da Matteo Rovere e Letizia Lamartire e scritta da Guido Iuculano, Davide Orsini, Elisa Dondi, Daniela Gambaro e Paolo Piccirillo.

Trama de La legge di Lidia Poët

Torino alla fine dell’Ottocento conta duecentomila abitanti, e tra questi c’è un imprenditore che sta per fondare la FIAT, la più̀ importante azienda automobilistica del Paese, nonché́ il più̀ grande gruppo finanziario e industriale privato italiano del XX secolo. A Torino c’è la più̀ libera comunità̀ ebraica d’Italia, ci sono i circoli anarchici, c’è la camorra napoletana, ci sono i socialisti e c’è Anna Kuliscioff. Poi ci sono i primi ospedali psichiatrici, i fanatici dello spiritismo, Cesare Lombroso con i suoi allievi, buona parte della famiglia reale, le prime tangenti, le prostitute più̀ raffinate d’Italia, i teatri aperti a ogni ora, i concorsi di bellezza e i funerali dei nobili. Insomma, Torino alla fine dell’Ottocento è un posto strano dove abitano persone strane. Un teatro del mondo, sintesi dei tempi che stanno per venire. Una città pirotecnica, eccessiva, contraddittoria, magniloquente, autodistruttiva. Come c’è da aspettarsi, è anche una città dove si uccide e si finisce in prigione. Una città dove gli avvocati fanno affari d’oro. All’interno di questo clima sociale vive Lidia Poët, una donna che combatte “contro i mulini a vento” in un’epoca altamente maschilista e che vede il maschio al centro dell’organizzazione sociale e politica come elemento di natura. Lida da tre mesi è iscritta all’albo degli avvocati, avendo superato con bravura l’esame di avvocatura ma, a rompere i suoi sogni, ecco che arriva, come un fulmine a ciel sereno, una sentenza brutale per le sue speranze di donna. La Corte d’Appello di Torino dichiara illegittima l’iscrizione di Lidia Poët all’albo degli avvocati, impedendole così di esercitare la professione in quanto donna, dichiarando che gli affari di avvocatura non sono per il gentil sesso che si deve, invece, occupare della casa e dei mariti. Senza un quattrino ma piena di orgoglio, Lidia si vede costretta a chiedere aiuto a suo fratello Enrico, un avvocato stimato nella Torino di fine 1800. L’uomo, nonostante qualche perplessità e timore, conoscendo il carattere difficile della sorella, decide di ospitarla nella sua casa offrendole un lavoro di segreteria, ovvero un modo per poter seguire, seppur in maniera non ufficiale, alcuni casi d’avvocatura da lui gestiti. Insieme a Enrico vive anche la sua famiglia: la moglie Teresa Barberis Poët, molto lontana caratterialmente da Lidia, la figlia Marianna Poët, una quindicenne ribelle innamorata del giovane giardiniere di famiglia, e Jacopo Barberis, fratello di Teresa, giornalista della Gazzetta Piemontese di trentacinque anni con un passato misterioso parigino. Attraverso uno sguardo che va oltre il suo tempo, Lidia assiste gli indagati ricercando la verità dietro le apparenze e i pregiudizi, nel mentre prepara il ricorso per ribaltare la sentenza della corte al fine di ottenere nuovamente l’iscrizione all’albo dei giornalisti.

Eduardo Scarpetta, Matilda De Angelis - La legge di Lidia Poët
Eduardo Scarpetta, Matilda De Angelis – La legge di Lidia Poët

Recensione de La legge di Lidia Poët

Lidia Poët è stata la prima donna d’Italia a laurearsi in legge e a chiedere l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati di Torino nel 1883. Iscrizione prima accettata e poi annullata da una sentenza della corte d’appello. Motivazione? Era una donna. La serie che abbiamo scritto però non è la storia della sua vita, tutt’altro. Si potrebbe definire un procedural classico, con i suoi casi di puntata, gli omicidi, le indagini e i colpi di scena finali. Ma al di là dei singoli casi, al di là del mondo di fine Ottocento che ci siamo divertiti a ricostruire, al di là perfino dei guizzi e dei vezzi della nostra protagonista, l’essenziale per noi è il suo spirito: volendo usare una sola parola, la più giusta per definirlo ci sembra “anticonformismo”. È questo l’anticonformismo, la nostra virtù preferita, quella a cui guardiamo con più ammirazione, come affascinati e sedotti: richiede coraggio, determinazione, testardaggine, e allo stesso tempo astuzia, intelligenza e pazienza. A volte sembra uno spreco di fatica, tempo ed energie; altre volte può sembrare una frivolezza. “Cos’ha nella testa questa persona” si chiede il mondo davanti ad un anticonformista, “perché non fa come tutti gli altri, perché non si rilassa?”. La nostra serie, in qualche modo, è una risposta a queste domande. Un grande inno alla libertà di spirito, un’ode ad una donna – Lidia Poët – che sa essere allo stesso tempo tutte queste cose: determinata, testarda, coraggiosa, ma anche goffa, strana, ostinata e buffa. È lei la nostra protagonista, e di lei parliamo nel corso di tutti gli episodi. Potevamo sceglierle un nome qualsiasi – in fondo è un personaggio d’invenzione – ma abbiamo voluto chiamarla Lidia Poët, e non per caso. Lidia Poët è stata la prima donna d’Italia a laurearsi in legge e a chiedere l’iscrizione all’Ordine degli Avvocati, ma per più di trent’anni non ha potuto esercitare l’avvocatura alla luce del sole perché le regole del tempo non lo permettevano. Con lei, la nostra Lidia condivide non solo il nome, ma anche la data di nascita e l’ambizione, la caparbietà, l’ostilità all’idea del matrimonio e il desiderio di indipendenza. In questo senso, la nostra serie è anche un omaggio alla vera Lidia Poët, una celebrazione di quella virtù che risuona e risplende nella vita di chiunque voglia poter dire, un giorno, di non esser passato inutilmente su questo pianeta.

Guido Iuculano e Davide Orsini, creatori e sceneggiatori della serie

La serie Netflix di Guido Iuculano e Davide Orsini rilegge in chiave light procedural la vita della prima avvocatessa d’Italia Lidia Poët, strutturandola attraverso una serie d’indagini crime che le donano un’atmosfera investigativa rivolta al ritrovamento del vero colpevole. La serie è strutturata drammaturgicamente secondo un classico canovaccio narrativo, con alcuni elementi e situazioni che si ripetono in maniera incessante da puntata a puntata. Tutti gli episodi si aprono con un omicidio che sembra possedere, agli occhi della polizia, un unico indagato e indubbio colpevole che viene immediatamente condotto in prigione dalle forze dell’ordine, che non compiono mai un’accurata indagine perdendosi così degli importanti indizi che potrebbero rivoluzionare l’investigazione. Lidia sarà sempre l’unica a non ritenere i presunti colpevoli degli assassini e costringerà, spesso e volentieri, il proprio fratello Enrico, un uomo inetto e privo di competenze del campo dell’indagine florense – inquisitiva, a prendere in incarico quei casi, sotto la propria avvocatura. Ufficialmente sarà Enrico a occuparci del caso ma nella realtà dei fatti è Lidia, anche per volontà di Enrico, a occuparsi della dimostrazione dell’innocenza del proprio incaricato e per farlo, non si limiterà a rintracciare le prove della sua innocenza ma attuerà delle indagini che la condurranno al ritrovamento del reale colpevole, rendendo così il tribunale non necessario (ad eccezione dell’ep.4 che possiede un canovaccio leggermente dissimile). Per certi versi la Lidia Poët ci appare lontana dall’essere un’avvocatessa assomigliando maggiormente a una sorta d’investigatrice privata che ha l’arduo compito di risolvere quei casi in cui la polizia ha preso un terribile abbaglio, salvando così la vita a un malcapitato, terminato in prigione per un errore. Lidia si dimostra un’acuta osservatrice avvicinandola, come personaggio, a quei caratteri letterari e cinematografici del genere giallo – investigativo, come Hercule Poirot di Agatha Christie, Sherlock Holmes di Arthru Conan, Miss Jane di Agatha Christie, Jules Maigre di Georges Simenon oppure come Jessica Fletcher dell’acclamata serie de La signora in giallo (1984-1996), possedendo la medesima arguzia e intelligenza per scoprire il vero colpevole rintracciando tutti quegli indizi tralasciati dagli addetti al lavoro, oltre a trovare, sempre, degli espedienti, per mettere il criminale con le mani nel sacco proprio come avviene nella serie gialla per eccellenza “Murder, She Wrote”.

La legge di Lidia Poët non si dimostra originale come genere ma possiede quegli elementi narrativi che mancavano nel passato. I romanzi di Agatha Christie sul suo Hercule Poirot raramente possedevano una storia orizzontale risultando piuttosto autoconclusivi, anche gli episodi con al centro la Fletcher, se ne escludiamo alcuni,  possiede una narrazione assolutamente ed esclusivamente verticale con rarissimi collegamenti alle puntate successive o alle precedenti, se non per qualche dettaglio di poca importanza. La serie italiana del 2022 invece si dimostra sia verticale che orizzontale portando in avanti due strade: il caso della puntata e la storia dei personaggi, tra lotta contro il femminismo e rivoluzione anarchica senza dimenticare il dolore ribelle dell’amore.  La serie possiede, anche per il personaggio protagonista trattato, un’impronta marcatamente e pesantemente femminista, che mostra la difficile vita delle donne colte e intelligenti nell’Italia di fine ‘800 a causa di una società ottusa che le vieta di fare esattamente quello che desiderano come studiare oppure nel lavorare nel settore in cui desiderano. Per la Poët le porte della sua professione per cui si è diplomata all’università sono chiuse a causa di un patriarcato che non vuole che le donne prendano campo nei luoghi che hanno sempre visto gli uomini comandare. La storia riguardante la lotta di Lidia per poter esercitare come avvocatessa a Torino è ripresa dai fatti reali. La serie ha inizio nei giorni tragici per la donna, esattamente l’11 novembre 1883 quando, nella verità storica, la Corte di Appello accolse la richiesta del procuratore e ordinò la cancellazione dall’albo di Lidia Poët, terminando la prima stagione in data 18 aprile 1884 quando perse il ricorso con la seguente motivazione:

Pertanto l’influenza del sesso sulla capacità e condizione giuridica è dovunque sempre stata tale, che i legislatori si sono trovati nella necessità, per ragioni appunto d’ordine morale e sociale, non meno che per l’interesse della famiglia, che è la base della società, di dovere, a riguardo delle donne, riconoscere e mantenere in massima uno stato particolare restrittivo di diritti, od almeno relativamente a certi diritti. Quindi non solo presso di noi, ma presso altri popoli che ci hanno preceduto, ed anche superato nella carriera della civile egualità e libertà, le donne hanno sempre avuto una condizione più o meno disuguale da quella degli uomini di fronte ai diritti sociali e civili, ed anche riguardo a taluni diritti civili che hanno una qualche relazione colla capacità politica, finora negata alle donne, o che sono considerati di ragion pubblica perché dipendenti dal sistema generale delle cose e delle azioni, quanto viene determinato dall’interesse di tutto il corpo politico; per conseguenza non è ancora ammessa la libera, assoluta concorrenza della donna in ogni genere di ufficio sociale, anzi è esclusa dalla diretta compartecipazione alla pubblica attività nelle cariche, funzioni, ed uffici pubblici.  Lo stato nella sua sociale e politica organizzazione, e l’amministrazione di quanto s’attiene alla cosa pubblica, hanno sempre avuto, e mantengono tuttora per la loro essenza un carattere virile prevalente così manifestamente decisivo che le donne non vi possono avere una parte attiva troppo estesa. D’altra parte, bisogna, pur dire, che le leggi loro accordano certi privilegi, e la più efficace protezione, e le escludono da certi più gravi doveri ed oneri sociali, precisamente in considerazione del loro sesso e della loro missione.

Estratto della sentenza della Corte di Cassazione che respinse il ricorso di Lidia Poët

La Lidia Poët per l’intera serie si vede costretta a occuparci delle cose giuridiche usando il potere del fratello avvocato, grazie a lui e al giornalista Jacopo, può investigare sui casi. All’interno delle sei puntate però la donna non ci appare una reale avvocata ma bensì come un investigatrice, ciò si evince anche da un dialogo che avrà con Enrico. Lei accusa il fratello di svolgere delle indagini superficiali ma l’uomo dichiara che il suo unico interesse è rintracciare quegli indizi per poter dimostrare l’innocenza del proprio cliente, anche se questo potrebbe non esserlo. A Enrico, come ogni avvocato, non interessa la verità ma il vincere la causa, mentre alla sorella interessa solo la verità anche se è costretta a dimostrare che il proprio cliente sia l’assassino. Lei è la voce dell’onesta.

La legge di Lidia Poët. Matilda De Angelis as Lidia Poet in episode 101 of La legge di Lidia Poët. Cr. Lucia IuorioNetflix © 2023
Matilda De Angelis as Lidia Poet – 1×01 di La legge di Lidia Poët. Cr. Lucia IuorioNetflix © 2023

In conclusione

La serie si dimostra come un prodotto interessante, possedendo un buon ritmo narrativo anche se i personaggi, a tratti, si dimostrando un pizzico bidimensionali venendo privati da una reale evoluzione interiore nell’arco delle sei puntate, rimanendo, soprattutto Lidia, uguale a sé stessa dalla 1×01 alla 1X06. I suoi obiettivi e il suo modo di approcciarci alle cose non mutano mai e in questo senso si poteva creare un percorso di formazione più funzionale per quel personaggio. Le interpretazioni, seppur non eccezionali, funzionano come anche la scrittura, il tutto ci dona un prodotto semplice e privo di errori di scrittura. Non stiamo parlando di un capolavoro ma solo di una serie che si guarda con piacere.

Note positive

  • Ambientazione
  • Scenografia
  • Montaggio
  • Ritmo

Note negative

  • I personaggi non hanno un reale percorso di formazione
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